Il Poeta dice: “Ai posteri l’ardua sentenza”. E allora beccatevi questa postera, a cui mando un mucchietto di baci:
Adesso capisco il perché di quella impennata di vendite di “Angeli” accaduta lo scorso aprile!
Il Poeta dice: “Ai posteri l’ardua sentenza”. E allora beccatevi questa postera, a cui mando un mucchietto di baci:
Adesso capisco il perché di quella impennata di vendite di “Angeli” accaduta lo scorso aprile!
Sfidando la cabala, venerdì 13 marzo alle ore 18:30 in Piazza Verbano 7 (00199 Roma Nord, di fianco al Cinema Admiral) si terrà l’ultima presentazione romana del mio romanzo “Anelli di fumo”. Modera Guido Laj.
Se invece siete in zona umbra, una seconda presentazione di “Anelli di fumo” si terrà sabato 14 marzo alle ore 18.00, presso la libreria Carnevali (ex cinema Astra) di via Mazzini 47, Foligno, modera Francesco Moroni.
Come si dice in questi casi, “sarà presente l’autore” che risponderà alle vostre domande e vi leggerà qualche stralcio dal suo romanzo. Anellide avvisato, mezzo salvato.
Qui la pagina Facebook della presentazione di Roma, e qui quella della presentazione di Foligno.
E’ uscito il numero di marzo di Pride (qui per leggerlo online) e a pagina 26 ci trovate questa bella recensione di Valerio Lanzani:
Insomma, il romanzo continua a piacere, e pure tanto…
“La trama milanese e quella romana progressivamente si intrecciano, fino a un fatidico otto dicembre in cui più di un nodo viene al pettine e sembra di stare nella scena madre di una commedia del miglior Monicelli.”
A questo punto mancate solo voi: i lettori. Gente, forza col passaparola, su, da bravi. Come ai tempi di Angeli da un’ala soltanto, vi voglio. Qui per comprare l’e-book, qui per comprare la copia cartacea con tanto di autografo.
Se poi volete candidarmi allo Strega à la Ferrante, io non mi offendo e non la faccio difficile: ci vado, alla premiazione di Nicola Lagioia.
A grande richiesta, pubblico il capitolo iniziale del mio ultimo romanzo, che prende il nome da questo stesso blog. Vi ricordo che “Anelli di fumo” esce in libreria il 10 dicembre, ma potete già trovarlo come E-book qui, e se preferite le copie cartacee, potete ordinarle qui.
Zero.
Uno per tre e tre per uno perché insieme noi usciamo sempre dai guai e difendiam la Terra dall’ombra della guerra il nostro cuore batterà per la libertà intrighi e loschi piani dei mostri disumani il nostro raggio spazzerà nell’immensità Daitarn, Daitarn arriva già il nemico, scatta ma tu ci sei amico, Daitarn evviva Daitarn III…Sigla di Daitarn III
La tua generazione è quella nata con due canali Rai. Quella cresciuta con i primi cartoni giapponesi trasmessi in Italia: Capitan Harlock, Goldrake, Heidi, Lady Oscar, Daitarn III e Candy Candy. Quella dei primi telefilm americani: Furia, Arnold, Happy Days, Spazio 1999, Sandokan e Mork & Mindy, di cui canticchia ancora il ritornello. Voi, nati nei primi anni Settanta, avete imparato a leggere sui Barbapapà e a colorare su Miao. Al cinema vi siete fatti rapire da La Carica dei 101 ed E.T., di cui avete atteso per anni un seguito che non c’è mai stato. La tua generazione è stata mandata in tutta fretta a casa da scuola quel mattino di marzo del 1978, pochi minuti dopo che il Tg2 in edizione straordinaria aveva dato notizia “del rapimento del Presidente Moro a opera delle Brigate Rosse”. La tua generazione è stata l’ultima davvero comunista, quella di Enrico, e ha ancora negli occhi quel comizio a Padova. La tua generazione è nata calcisticamente al Santiago Bernabeu di Madrid, in una giornata del luglio 1982, cullata dalla voce pastosa di Nando Martellini: Zoff Gentile Cabrini, Oriali Collovati Scirea, Conti Tardelli Rossi, Antognoni Graziani. Allenatore: Bearzot. Siete stati gli ultimi ad aver giocato con le biglie sulla spiaggia e a campana col gesso in cortile. Ma siete stati i primi ad aver respinto, aggrappati a un joystick in piedi su una sedia da bar, l’invasione degli Space Invaders. La tua generazione è caduta in un pozzo artesiano di Vermicino e non ne è mai più uscita. Ricordate i salti di Sara Simeoni per l’oro olimpico e perfino quelli di Nino Castelnuovo per l’olio Cuore. Siete capitati dentro alla rivoluzione sessuale e siete scampati per un pelo – chi più, chi meno – al teschio dell’Aids. Qualcuno di voi appare in una foto a cavalcioni del Muro di Berlino, e ne custodisce un frammento su una mensola di casa. La tua generazione non ha fatto la Resistenza, ma la Resistenza Umana di Cuore sì. Eravate adolescenti durante gli anni di Tangentopoli; all’epoca eravate convinti che il futuro fosse illuminato di progresso e il passato non potesse tornare. Seduti sul tappeto davanti alla tv, avete assistito al tramonto del socialismo, sia reale che rampante. Avete visto la fine della storia e l’inizio delle storie di guerra. La tua generazione è l’ultima della Dc e la prima che, forse, non morirà democristiana. Avete pianto e marciato a Palermo, in quell’orribile estate del 1992. Avete riso della “Padania” e avete odiato un Cavaliere in doppiopetto. Siete stati i primi a visitare l’Europa con l’interrail e poi a cavallo della Ryan Air. Siete stati gli ultimi a telefonare con i gettoni dalle cabine della Sip. Avete vissuto metà vita senza cellulari, smartphone e tablet e ora non sapete farne a meno. Siete quelli di internet e del free wi-fi, ma quando andate a un concerto rock preferite ancora far ondeggiare la fiamma dell’accendino, che non brillare lo schermo del telefonino. Vi siete persi di poco l’allunaggio, ma ricordate bene l’esplosione a “Y” dello Space Shuttle. La tua generazione è quella delle lire con l’inflazione e poi dell’euro in deflazione. Avete pianto la morte di Fabrizio De Andrè, Lucio Battisti, Giorgio Gaber, Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman, Mordecai Richler, Carmelo Bene, Pierangelo Bertoli, Walter Matthau, Jack Lemmon, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Mia Martini, Giuni Russo, Arthur Miller, Enzo Jannacci, Lucio Dalla, Robin Williams. Una generazione sopravvissuta alla scomparsa dei maestri, e che ora non ha più modelli da ascoltare, da leggere, da imitare. Siete i primi a dover campare senza il posto di lavoro sicuro. Una classe di operatori di call center laureati, ultra specializzati e facilissimi da licenziare. Siete quelli emigrati a Londra, a Toronto o in Australia, a cercare la vostra America. Siete passati nel tritacarne della mobilità, della globalizzazione, della delocalizzazione, dei co.co.co, dei co.co.pro. Avete buttato i vostri migliori anni in stage gratuiti, contratti a progetto, a termine, di job-sharing, e intanto siete i primi a non far figli prima dei trentacinque. La tua generazione sarà la prima senza la pensione e tutto sommato è una fortuna: non avete ancora versato un contributo. La tua generazione è quella dell’11 settembre, e sta ancora precipitando dalle Torri. La tua generazione è la prima che vivrà almeno cent’anni e si sforza di non pensarci. La tua generazione ha visto tutto. Ma non ne ha ancora abbastanza.
Altra bella copertina e progetto grafico di Maurizio Ceccato, che però a ‘sto giro sbaglia la costina: titolo pressoché illeggibile, che si mimetizza nella libreria.
Se ve lo siete perso sul blog de Il Fatto Quotidiano (dove commenta anche un campione di profondi bisognosi di terapia) ecco a voi la mia nuova recensione a un bel romanzo uscito da poco.
***
A cosa serve la Letteratura? Mi viene alla mente una risposta famosa di Sartre: “Il mondo può benissimo fare a meno della letteratura. Ma ancora di più può fare a meno dell’Uomo.” Io volo più basso di Sartre, e ho bisogno di molte più parole.
“Tu rimpiangi di non aver vissuto in tempo di guerra.” Davanti al mio silenzio avevi aggiunto una cosa lapidaria: “Avresti voluto vivere in un tempo in cui non si può scegliere e c’è una sola cosa da fare. E non riesci a dare ascolto alla banalità della vita. Non posso raccontarti cosa ho visto al bar questa mattina perché non lo consideri importante. Magari per me lo era, ma a te sembra che non te ne freghi nulla. – “Sono il salvadanaio dei tuoi pensieri”, ti avevo detto. “Tu non lo sai, ma io li conservo tutti. Qui”. E avevo indicato la fronta e tu avevi scosso la testa e sorriso vittoriosa. – “E’ il luogo sbagliato, infatti”, avevi detto […]. (p. 148).
Questo è uno dei passi che ho trovato più toccanti del nuovo romanzo di Cristiana Alicata, Ho dormito con te tutta la notte (Hacca Edizioni, 2014, 14 euro per 204 pagine). Come recensore, fa piacere, ogni tanto, poter dire “l’avevo detto io”: quando, tre anni fa, avevo segnalato ai lettori l’alba di una scrittrice per il romanzo Verrai a trovarmi d’inverno, non mi ero sbagliato.
In questo nuovo lavoro – il terzo romanzo di Alicata – l’autrice sceglie la strada della letteratura introspettiva e crepuscolare. E’ la storia di una famiglia. Una famiglia che, al pari di tutte le famiglie che conosco, ha al suo interno problemi. Di comunicazione, di malattia, di infelicità, di incomprensione. Ma allo stesso tempo, al pari di tutte le famiglie che conosco, custodisce dentro di sé anche formidabili risorse: d’amore, di ricerca della propria felicità, di rispetto reciproco, d’altruismo. Il romanzo è raccontato in prima persona da una protagonista di cui non sapremo mai il nome. E’ una bambina nata alla metà degli anni Settanta, che racconta il suo percorso di formazione attraverso poche ma capitali figure: due amiche del cuore, i genitori, un nonno. Le amiche, Lucia e Sabrina, incrociano e incidono la sua esistenza e fanno un po’ da contraltare fantastico e sentimentale, quasi un’Alice attraverso lo specchio, alla realtà della famiglia. La famiglia, entità che nella cultura italiana è una monade da cui spesso tutto parte e in cui spesso tutto finisce, è composta da un fratello minore, una madre schizofrenica e un padre che tenta di tenere incollati i pezzi di un focolare spezzato dalla malattia.
La protagonista di Ho dormito con te tutta la notte decide a un certo punto di salpare da quel porto infetto che è la sua famiglia. E si mette a cercare, in un’odissea dei sentimenti e della psiche. Cosa cerca? Cerca la propria capacità d’amare. Di fermarsi in un punto. Di apprezzare il panorama. Di percepire e apprezzare l’odore: “Mi ha sempre stupito l’odore che hanno le famiglie. E’ l’odore della convivenza che le case trattengono, anche dopo la diaspora, lo restituiscono agli estranei in visita, lo conservano per chi torna. La casa dei tuoi possedeva quell’odore, per esempio. Un odore che mischia la polvere dei modellini di aeroplani di tuo padre e i suoi manifesti dell’URSS, al modo di cucinare di tua madre e ai suoi libri di letteratura inglese. Tu te lo porti addosso.” (p. 173) Cerca la possibilità di voltarsi verso il volto della donna amata e di sentirsi ordinare, in un imperativo d’amore: “Fermati. Fermati qui.”
Fra gli elementi che si apprezzano di più di questo romanzo importante, c’è che il contesto saffico è raccontato con naturalezza, senza clamore. Alicata racconta un pezzetto di cosa può essere l’amore. Senza aggettivi, senza scandali. Niente di più naturale.
C’è una teoria un po’ bacchettona della critica letteraria e cinematografica che sostiene che il critico, per poter dare un giudizio obiettivo, deve restare del tutto distaccato dall’opera che recensisce. Non ho mai pensato che quella teoria avesse un gran valore. Ora, dopo essere arrivato alle lacrime all’ultima pagina di Ho dormito con te tutta la notte, sono sicuro di due cose: Cristiana Alicata è una grande scrittrice del nostro tempo. E io ho bisogno di compiere delle scelte. Ecco a cosa può servire la letteratura.
Come gli anellidi più attenti sanno, non amo il personaggio di Aldo Busi, meno che meno quello televisivo. Aggiungo anche che non lo trovo uno scrittore indimenticabile in quanto troppo ricercato e debordante di superbia. Penso però che questo autore – che tra l’altro di tanto in tanto mi fa l’onore di essere un anellide – sia una persona molto bella, dalle idee politiche radicali ed estremamente condivisibili, con una storia di vita da tirarsi giù il cappello e guardarsi la punta delle scarpe.
Ecco perché ho trovato utile e arricchente questo suo lunghissimo post. E’ uno sfogo, più che un articolo, in cui vien fuori una bella dose di genuinità; forse la migliore qualità di Busi, ma una qualità a cui spesso sceglie di rinunciare, purtroppo.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.