Welcome back, Trudeau family

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Screen Shot 2015-10-20 at 10.14.48 AMDue parole sulle elezioni canadesi: il Canada nei 10 anni governati dai conservatori è peggiorato. E’ diventato un paese più spaventato e più chiuso, in particolare guardando alle due leggi di cittadinanza che sono state approvate sotto Harper. Leggi che hanno reso davvero complicato l’accesso al paese e alla cittadinanza da parte di tutti coloro che pure avevano un serio legame con quella nazione, e il mio caso (8 anni di residenza e un Ph.D. completato a Toronto) è solo una goccia in un mare molto vasto. E’ fisiologico che il secondo paese più grande e vuoto del pianeta Terra si mostri comprensivo e accogliente rispetto al fenomeno della immigrazione globalizzata, se non altro perché la Storia insegna che dall’afflusso di immigrati il Canada è nato, si è costruito ed è diventato uno dei 7 paesi più ricchi del mondo. Harper, in questo, è stato l’alfiere dell’anti-canadesità. Non è un caso che fra gli sconfitti eccellenti del Partito Conservatore, ci sia l’ex ministro alla Cittadinanza e immigrazione, Christopher Alexander.

La vittoria dei Liberali, con maggioranza assoluta, segna che i canadesi non hanno voluto fidarsi del partito che arrivò secondo alle scorse elezioni, il partito dei sindacati, l’NDP, giudicato dai più come troppo socialista e troppo un salto nel buio rispetto alla guida conservatrice. I Liberali hanno scelto con cura e astuzia il loro leader (attraverso elezioni primarie regolate) e si sono fatti rappresentare da un leader giovane, figlio del più grande mito della storia politica canadese: Justin Trudeau. Questo giovane uomo ha vinto e convinto, e mi pare ingeneroso sostenere che ci sia riuscito solo in virtù dell’immagine o del cognome famoso, che in ogni caso erano sue qualità personali.

L’NDP paga, fra l’altro, la precoce morte del loro Enrico Berlinguer, quel Jack Layton che avrebbe senza dubbio saputo guidare il suo partito su altre percentuali rispetto a quelle di oggi.

Aeroporto Pearson di Toronto: attenzione a Mrs. Yellow Line della KLM

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"Striscia Gialla", alias La SS (Stronza Sadica)

La s’ignora Striscia Gialla, alias Mrs Yellow Line

Sarà stato un addio o un arrivederci quello dato dalla compagna di viaggio e da me due giorni fa al Canada? Troppo presto per dirlo, ma di certo è stata una partenza molto brutta. Tutta colpa, questa volta, della s’ignora qui di fianco, ahimè rimasta anonima, e che chiameremo d’ora in poi Striscia Gialla, Mrs Yellow Line per gli amici.

All’aeroporto Pearson di Toronto, infatti, incontriamo una prima zelante impiegata della KLM che non ha niente a vedere con Striscia Gialla e che ci ha fatto redistribuire il peso fra le nostre valigie. Si trattava stavolta di ben 4 colli alti un metro, più due trolley e due borse a mano: quindi di certo troppa roba, specie per noi abituati a viaggiare fra Nord America e Italia con appena il bagaglio a mano. Stavolta però stiamo proprio traslocando transoceanicamente, e poiché il grosso dei nostri abiti e altre masserizie sarà spedito a giorni dal Quebec per arrivare in Regno Unito (sì, non appena avremo un indirizzo inglese dove spedire tutto, diciamo), abbiamo pensato di portare con noi due pentole e un po’ di indumenti autunno-inverno, per evitare di vestirci sempre con gli stessi pantaloni.

Per fortuna la compagna di viaggio e io siamo piuttosto previdenti, così eravamo arrivati al Pearson di Toronto già in Defcon 4, ovvero armati anche di una supplementare vecchia valigia vuota, da usare in caso appunto di incontro con impiegata zelante e stracciafiletti. Ce la saremo chiamata? Chissà. Comunque, per risparmiare tempo e denaro, avevamo perfino fatto il check in tramite internet, aggiungendo una valigia a testa per la modica cifra di 60$ anziché 75$. Speravamo di poter semplicemente lasciare le nostre valigie sul nastro e di buttare la valigia vecchia e vuota portata con noi, invece la prima brutta sorpresa è che la KLM non differenzia la fila di coloro che hanno fatto il check in online da quelli che lo devono ancora fare. Così, ci mettiamo mesti in fila con altre 400 persone.

Arrivati, dopo 40 minuti, al desk, incontriamo appunto l’impiegata zelante di cui sopra, che ci dice: 4 valigie sovrappeso fanno 75$x4= 300 bei dollaroni addizionali. Aggiungere una quinta valigia all’ultimo minuto, invece, fa “appena” 200$. Ma naturalmente occorre aprire tutto e redistribuire il peso. Lisa e io passiamo in Defcon 3 e andiamo vicino a una delle bilance dell’aeroporto e ci mettiamo a spacchettare un bagaglio fatto con grandissima cura a casa, riempito fino all’orlo. Non vi starò a dire cosa significa vedere le proprie mutande sul pavimento dell’aeroporto, perché non è cosa bella da descrivere né da leggere. Lo spacchettamento-reimpacchettamento ci prende circa altri 40 minuti e Lisa alla fine va in Defcon 2: nessuno più deve imbarcarsi, siamo rimasti solo noi. Buttiamo le ultime cose alla stracazzo, chiudendola con la forza di volontà e contro tutte le leggi di Archimede. Ritorniamo appena in tempo trafelati al desk dell’accettazione bagagli e poco prima di approdare al desk, una tizia bionda della security ci dice che dobbiamo passare attraverso un percorso a gimcana stretta-stretta di quelli che Alberto Tomba si beveva, ma con gli sci, non con i carrelli delle valigie. Lo slalom in questione pare fatto apposta per non farti passare: è talmente stretto che i carrelli dell’aeroporto non riescono a farlo. Chiaramente un percorso pensato da uno stupido, o da un sadico, a seconda. Per di più noi abbiamo due carrelli pesantissimi e 8 valigie impilate come nemmeno le piramidi azteche. Insomma, il percorso a slalom è del tutto assurdo.

La s’ignora della security (SS), che a giudicare dalla uniforme azzurra lavora comunque per KLM, è la stessa persona che aveva creato problemi a diversi altri passeggeri per delle quisquilie, sul genere “entrambi i piedi dietro la linea gialla, prego”, vale a dire i tipici problemi di security del Pearson di Toronto. Uno dopo l’altro, diversi passeggeri non avevano soddisfatto le sue fissazioni e la tipa aveva dato più volte l’ordine alle hostess di terra di KLM di non imbarcare i “delinquents” come li chiamano in Canada. Noi avevamo notato tutte queste scene ridicole, ma senza dire nulla, proprio perché non ci andava di fare polemiche. Adesso però Mrs Striscia Gialla (o SS, come volete) prende di mira noi.

Lisa chiede a Striscia Gialla il permesso di passare col suo pesantissimo carrello nel corridoio dritto del percorso business, per poi andare ovviamente al desk economy, che si trova a metri uno di distanza da quello business. Striscia Gialla però vigila e le dice che no, deve fare invece la gimcana. Lisa si ferma di botto al “No!” urlato dalla bionda, le ruzzola una valigia ed entra nel mood “ingiustizia subita”, senza dire nulla, ma si allontana e questo significa che è andata in Defcon 1. Al che s’incazza il Gastaldi.

Mollo il mio carrello quasi sui piedi di Striscia Gialla e mi fiondo nel percorso a zig-zag. Sradico rumorosamente tutti i paletti di ferro con i loro nastri elastici e creo un enorme, favoloso corridoio dritto, dove passo col mio carrello. Lisa mi segue col suo, e ha dipinto sul volto la tipica espressione “Io vado ovunque mio marito vada”. Striscia Gialla rimane quattro lunghi secondi basita. Poi, riavutasi dalla sorpresa della piccola insurrezione, mi sbraita dietro che devo rimetterli a posto, spalleggiata anche da una tipa afro-canadese, d’ora in poi per noi “Striscia Gialla-Nera”. Rispondo a Striscia Gialla in inglese: “Quello è il lavoro per cui pagano te, testa di cazzo!”.
A dire il vero, “testa di cazzo” gliel’ho urlato in romanesco, per bisogno neuro-duodenale-linguistico di colore delle espressioni. Tutto il resto nell’idioma di Shakespeare.

Striscia Gialla ordina alla hostess del desk di non imbarcarci. La signorina della KLM però non la calcola nemmeno, come del resto non l’aveva calcolata per gli altri passeggeri, e ci fa segno con la mano di mettere le valigie sulla pesa.  E’ un cenno semplice ma di quelli che Pierce avrebbe definitio di semiosi illimitata, di quelli che ti dicono non solo “vieni pure avanti tranquillo a fare il tuo bravo check in” ma anche “non badare a ‘sta povera donna isterica con cui devo convivere già io”.

La regina.

La regina.

Striscia Gialla va in aceto nemmeno balsamico e chiama la manager della KLM. In un minuto si fa sotto una bella signora olandese sui 60 anni, che mi fa subito pensare a Beatrice dei Paesi Bassi. “Non abbiamo mai visto una reazione del genere da parte di un passeggero“, mi dice. “Nemmeno io, in 30 anni di voli aerei non ho mai incontrato una persona più sadica e improfessionale come la sua collega“, rispondo io mostrando gli incisivi. Sempre dal sorriso. Sono, infatti, tutto un sorriso e le spiego per bene la situazione. Faccio anche presente di essere un giornalista e che, naturalmente, scriverò dell’accaduto con nomi e cognomi.

Sarà stata questa piccola informazione;

sarà stata la bontà della mia spiegazione;

sarà stato che nel frattempo Lisa è tornata tutta agitata modello Guerra Termonucleare Globale Ormai Scoppiata Lasciate ogne speranza voi ch’entrate e si è messa a spiegare la nostra versione, condendola però con delle copiose lacrime da “ingiustizia subita”…

…fatto è che la manager capisce chi ha torto e chi ha ragione. Si rivolge a Striscia Gialla-Nera (anche perché Striscia Gialla nel frattempo si è rifugiata dietro al banco della KLM) e prende le nostre difese, chiedendole: “Per quale motivo volevate far fare lo slalom a dei passeggeri carichi di bagagli come muli?” E io commento acido: “Esattamente il mio punto”. Nel frattempo la hostess della KLM ci suggerisce, già che ci siamo, di imbarcare anche uno dei trolley che pensavamo di portarci come bagaglio a mano, e per di più senza pagare. La ringrazio e accetto, dicendole: “Mi piace proprio il suo atteggiamento“.

Non contento, io chiedo il nome di Striscia Gialla. La manager KLM mi dice che non sono autorizzati a darlo ma che sanno di chi si tratta e prenderemo provvedimenti. Arriva perfino a scusarsi a nome della KLM. Al che mi scuso anche io e dico alla manager: “Se me lo chiede lei, i paletti li rimetto come stavano prima“. Mi dice che non è necessario perché non ci sono altri passeggeri da imbarcare (per altro). Così vado davanti a Striscia Gialla e le chiedo, in modo fermo ma gentile, il suo nome e cognome. Si rifiuta di darmelo e molla un “No, non glielo do!” acidissimo, da s’ignora troppo disturbata e troppo cattiva per svolgere un mestiere a contatto col pubblico. Qui il Gastaldi s’incazza una seconda volta.

Incredibile audito (come diceva il mio tutor di latino ogni volta che azzeccavo una perifrastica), riesco addirittura a non insultarla. Le dico semplicemente che è la persona meno professionale mai incontrata in vita, dentro e fuori un aeroporto. Le dico anche che deve ringraziare che ho un volo da prendere, sennò chiamerei la polizia per costringerla a darmi il suo nome. Finisco dicendole che siccome mezza KLM si è scusata per conto suo, tutto sommato me ne vado via contento. Alla fine le faccio una foto, che trovate qui sopra. Il volo è stato preso e il servizio di bordo della KLM è stato meraviglioso. Ci hanno anche dato il cognac gratis per scusarsi nuovamente. Saluto il Canada e il Pearson col sorriso sulle labbra: hanno visto come risolve un problema stronzo un italiano appena leggermente alterato.

Bell Fibe Tv è una figata pazzesca (o anche: Penelope Garcia è dio)

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Penelope Garcia, hacker professionista e motore dell'azione nel serial Criminal Minds.

Penelope Garcia, hacker professionista e motore dell’azione nel serial Criminal Minds.

Dopo anni di distacco dall’elettrodomestico preferito di ogni bambino nato negli Anni Settanta, negli ultimi mesi (complici anche i Mondiali di Calcio, va detto) ho riscoperto il grande uso che si può fare della televisione. Intendo proprio come semplice spettatore, eh, non grandi teorie di comunicaione di massa.

Per andare nello specifico: della Bell Fibe Tv, vale a dire dell’offerta tecnologico-televisiva della ditta canadese Bell, che dà l’opportunità di registrare, in modo davvero semplice e intuitivo, tutti i programmi che volete direttamente nel decoder della Bell. Parliamo di qualche migliaio di ore di registrazione, facilmente programmabile, facilmente fruibile, facilmente cancellabile. Vi piace un film? Basta un clic e ne programmate la registrazione per quando sarà trasmesso. Volete invece registrare tutti gli episodi di un intero serial, in onda all’incirca alla stessa ora su uno o più canali? Due clic, e il gioco è fatto. Grazie a questo piccolo ma fondamentale accorgimento, la compagna di viaggio e io ci siamo finalmente infognati nel vedere tutta una serie di serial nord-americani, su tutti Criminal Minds, CSI Miami e Bones, ma anche cose meno truculente, tipo Modern Family, Big Bang Theory, Will and Grace e così via. Ammetto anche una certa debolezza per il quiz Jeopardy, ma lasciamo andare.

Qual è il grande, immenso difetto di questi programmi? Che domande: le interruzioni pubblicitarie. Una vagonata di spot che fanno perdere ore di tempo prezioso. Ed ecco qui la bellezza del guardare tutto in registrata: non appena inizia lo spot, via allo scorrimento veloce e in un cinque secondi si è pronti a guardare il seguito del proprio programma preferito. L’inglese di questi programmi vi risulta ostico? Un altro clic e compaiono le closed caption, vale a dire i sottotitoli. Un aiuto non da poco per chi non è di lingua madre inglese.

Quando poi gli sceneggiatori sanno fare il loro mestiere, vengono fuori dei personaggi perfetti e adorabili nella loro complessità. Su tutti, io chiamo a testimoniare Penelope Garcia, di Criminal Minds: un’eroina postmoderna senza la quale nessuna donna (ma anche nessun uomo) può veramente crescere bene.

Mondiali di calcio in TV: in Canada partite in italiano

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Scontenti della modesta copertura che la RAI offrirà di questi Mondiali di calcio? Venite in Canada, dove potrete vedere in TV tutte le partite in alta definizione e in chiaro, e col commento in ben quattro lingue: inglese, francese, spagnolo e anche italiano, oh yeah.

Un passo indietro: oggi iniziano i Mondiali. Due o tre miliardi di persone riscopriranno l’utilità di un elettrodomestico che in questo XXI secolo non se la sta passando benissimo: la televisione. Schermi piatti, ad alta definizione, al plasma, 64 pollici appesi alla parete, tv intelligenti che registrano con un click tutte le partite di una data squadra o, perché no, proprio tutte le partite tout-court di questo Brasile 2014. Ma anche televisori antichi, a scatola, a colori e perfino in bianco nero: la televisione farà del suo meglio nei quattro angoli del pianeta per resistere alla concorrenza agguerritissima (e portatile) di tablet, computer, smart phones eccetera, tutti probabilmente svantaggiati dalle dimensioni ridotte dello schermo.

Se chi mi legge è malato della mia stessa passione, il mese che si apre oggi segnerà un radicale cambiamento del quotidiano. Per quattro settimane le giornate e gli appuntamenti di lavoro e di piacere ruoteranno attorno alla partita dei Mondiali che ci interessa seguire. – “Ci vediamo sabato sera?” – “Certo, dopo la partita.” Lo diremo così, con un tono naturalmente assertivo, e non importa nemmeno dove siamo finiti a vivere, se in Italia o all’estero. Sì, perché la febbre dei Mondiali coglie ovunque nel mondo. In tutta Europa, la patria del calcio assieme al Sud America. Ma anche in Asia, Africa e Nord America, a giudicare almeno dalla copertura senza precedenti che questo evento sportivo attira.

Grazie alla sinergia fra CBC e Sportsnet, gli spettatori canadesi potranno seguire i Mondiali integralmente, con una copertura TV che non ha precedenti nella storia del paese. La TV di Stato canadese, la CBC, trasmetterà col commento in inglese 56 partite sulle 64 totali (molto meglio della RAI italiana, che ha potuto comprare dall’esclusiva Sky Italia appena 25 match, qui l’elenco), mentre Sportsnet trasmetterà i rimanenti 8 incontri, sempre in inglese. Scott Russell, Nigel Reed e Craig Forrest condurranno la trasmissione di punta della CBC, in onda nel primetime serale, con la diretta di una partita (qui trasmessa attorno alle 18 locali, fuso di Toronto) seguita da una differita. L’italo-canadese Andi Petrillo condurrà invece il pomeriggio della rete, in compagnia degli analisti sportivi Reed e Lloyd Barker. La CBC ha inviato due corrispondenti in Brasile, Brenda Irving e David Amber ma userà anche servizi esterni appoggiandosi a Peter Drury, John Helm, Dave Woods, John Roder, Martin Fisher, Gary Bloom, Kevin Keatings e Dan O’Hagan. Le partite avranno il commento in inglese anche sul canale statunitense ABC, che trasmetterà 10 incontri.

Meno imponente la copertura in francese, nonostante sia lingue ufficiale del Canadà: i francofoni dovranno accontentarsi di 18 partite radio-commentate sulla stazione Radio-Canada e, sullo schermo, da parte della rete TVA Sports.

TeleLatino (Rogers 28, 35, 599HD, Bell 700, Shaw Direct 367, 800, Cogeco 18/35)in collaborazione con Univision Canada (Rogers 780, Bell 699, Bell Fibe 867, Vidéotron 248, Shaw 508, MTS 517 )e Mediaset Italia (Rogers 784, Source 505, Bell Fibe 698) trasmetterà tutte le partite col commento in italiano e spagnolo, appoggiandosi anche a Sky Italia. Beppe Bergomi e Fabio Caressa commenteranno dunque anche per il pubblico da Halifax a Vancouver, aiutati da Maurizio Compagnoni, Marco Nosotti, Ilaria d’Amico, Zvinimir Boban e Massimo Mauro.

Sul versante spagnolo, i principali commentatori e telecronisti saranno Pablo Ramirez e Jesús Bracamontes, coadiuvati dall’argentino Diego Balado, il messicano Enrique “El Perro” Bermúdez, Félix “El Gato” Fernández, Jorge Pérez Navarro, José Luis López Salido e Luis Omar Tapia.

Una copertura così completa e capillare, in quattro lingue, fa capire quanto il pallone a scacchi piaccia nell’America al Nord del Confine, e non soltanto grazie a un’immigrazione di giovani e giovanissimi che viene da pesi calcisticamente maturi. I canadesi, in generale, sono un popolo che ama gli sport di squadra ed è attirata da qualuque evento che si tenga all’aperto. Mancando la nazionale della Foglia d’Acero, ognuno si sceglierà una squadra del cuore, e fra le strade di Toronto, Ottawa, Montreal e Vancouver è già possibile vedere le bandiere di tutte e 32 le squadre finaliste sventolare dalle finestre o dai tetti delle macchine: che i Mondiali inizino, i canadesi sono pronti.

P.S. se preferite il commento in tedesco, le partite si possono vedere in chiaro anche sulla TV pubblica della Cancelliera Merkel.

Elezioni provinciali dell’Ontario 2014

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Giugno, mese di elezioni. Mentre in Italia si è appena finito di votare per il secondo turno di un po’ di Comuni, qui nella Provincia dell’Ontario il 12 si voterà per il parlamento provinciale. Sistema uninominale a turno unico, quindi ogni partito presenta un candidato che lo rappresenta in ciascuno dei collegi elettorali.

Il nostro collegio si chiama Ottawa Centro e per la prima volta la compagna di viaggio, diventata cittadina canadese, potrà contribuire all’elezione. Fatto buffo, i seggi elettorali sono allestiti negli androni dei condominii, e il nostro seggio si trova proprio dentro al nostro palazzo. Impossibile mancare!

Per chi fosse interessato a un po’ di dati statistici, il nostro collegio ha una storia di voti a sinistra: prima NDP (il partito socialista democratico canadese, vicino come posizioni a SeL italiana) e più recentemente il Liberal Party, che è una specie di PD, ma un po’ più a sinistra. Se la passano maluccio i Conservatori e i Verdi, che si presentano da poco. La curiosità? C’è perfino un candidato comunista, anche se nessuno ne parla. Qui per saperne di più.

Emigro o no? Quando è meglio restare

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Poche ore fa ho ricevuto un commento a questo mio post da parte di Fabiana, persona che non conosco, e che descrive così la sua situazione: lei e il marito hanno in Italia due contratti a tempo indeterminato, ma il marito è stato contattato da una ditta di Toronto che lo vorrebbe assumere per premiare un software open source da lui inventato, che hanno scoperto in rete. Fabiana premette di non parlare una parola d’inglese e sa che all’inizio sarebbe disoccupata. Mi chiede: partire o no?

Ecco la mia risposta.

Ciao Fabiana, sia mia moglie che io vi consigiamo di rimanere in Italia con i vostri due lavori a tempo indeterminato. Vari i motivi, vediamoli brevemente insieme:

1) i contratti a tempo indeterminato sono una rarità tanto in Canada quanto in Italia. Se non ci sono segnali concreti di bancarotta o chiusura per altri motivi delle ditte per cui lavorate, voi non avete bisogno di andare a rischiare il certo per l’incerto in un’altra cultura, lontana da casa, della quale tu non parli nemmeno la lingua.

2) La scelta che avete davanti, lo capisci da te, è probabilmente la più importante della vostra vita. Significa: vuoi rimanere a vivere nel tuo paese, circondato da amici e parenti, avendo la possibilità di capire tutto ciò che ti viene detto in italiano sempre, anche quando non è detto a te (prendi un autobus e ascolta: se la gente parla nella tua lingua dovresti essere in grado, anche di spalle e senza vedere chi parla, di capire età, estrazione sociale, sesso, provenienza regionale degli sconosciuti che parlano; immagina che parlino in inglese, ora: anche dopo 10 anni di studio della lingua, ti dice bene se riesci a capire una parte di ciò che hanno detto, e basta), oppure vuoi diventare un emigrante per il resto della tua vita? Perfino in Canada, una delle terre più accoglienti, gli emigranti di prima generazione vivono nei margini. Magari ci stanno benissimo, ma certo non quanto stavi bene nel tuo paese con un buon lavoro.

3) La vita dell’emigrante non è semplice. Si emigra soprattutto per necessità, per esigenze personali o d’amore, per uscire da una frustrazione, per ricominciare da zero. E però paghi un prezzo non piccolo: ti senti sempre diviso in due, fra il dove sei in quel momento e il dove vorresti essere invece. Se hai genitori in Italia, saranno anziani, e li potrai vedere solo 1 o 2 volte l’anno. Ti perderai ogni loro importante compleanno. E perderai anche i compleanni o anniversari o matrimoni o funerali di persone a cui tieni molto, eventi ai quali saresti andata se fossi vissuta in Italia. Se avete animali domestici, dovrete darli via, perché le pratiche per il loro spostamento sono complesse e costose, e si dovrebbero ripetere a ogni viaggio.

4) Il tempo atmosferico e il cibo. Per quanto Toronto non sia affatto la peggiore città del mondo dove vivere quanto a tempo atmosferico e cibo, non c’è nessun paragone possibile con le città del Centro e Sud Italia. Un solo esempio: ti piace il vino rosso? In Italia puoi trovare delle buone bottiglie a 3 euro, 3,5 euro. A Toronto il minimo sono 8-9 dollari, e si tratta di vini non eccezionali.

5) Non sarà certo il vostro caso, ma hai pensato a cosa potrebbe succedere se vi licenziaste, emigraste in Canada e poi divorziaste per qualunque motivo? Ti troveresti in un Paese straniero, disoccupata o con un lavoretto precario, e avendo lasciato il tuo contratto a tempo indeterminato in Italia. Saresti probabilmente costretta a tornare in Italia, ma da disoccupata.

L’emigrazione in Canada, cara Fabiana, è per chi in Italia non ha alternative. Non ha un lavoro, o ha un lavoro che sta per finire per l’ennesima volta. Per chi è rimasto solo, e può raggiungere una nuova vita, magari un nuovo amore, o un nuovo figlio adottivo, in Canada. Non è per chi ha contratti di lavoro a tempo indeterminato e non ha mai pensato di fare un passo così grande. Datemi retta: rimanete dove siete, non ve ne pentirete se i vostri lavori non si interromperanno.

I padri costituenti canadesi

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macdonald-chro-1867bMi piace quando uno storico sa inquadrare in poche righe l’essenza e la diversità di un gruppo di padri costituenti (quelli canadesi) rispetto a un altro gruppo di padri costituenti (quelli statunitensi). Donald Creighton, storico liberale e sostenitore di un Canada unito e forte, a discapito dei poteri delle province e delle varie minoranze che lo compongono, parlando di chi condusse nel 1867 il Canada alla costituzione della Confederazione, li dipinge così, in un pezzo assai famoso e molto citato:

They were mid-Victorian British colonials who had grown up in a political system which they valued. and which they had not the slightest intention of trying to change by revolution. For them the favourite myths of the Enlightenment did not possess an even quaintly antiquarian interest … They would have been skeptical about both the utility and the validity of abstract notions such as the social contract and inalienable rights of man … God, not government, these British Americans believed, could alone effect the regeneration of mankind. But government, within the limits of the humanly possible, must unquestionably be sovereign. (The Road to Confederation. The Emergence of Canada, 1863 – 1867.)