Caterina ci parla delle considerazioni contenute nel saggio di Kevin Kreuse, “One Nation Under God”. Trovo il suo post davvero interessante. Sono convinto che la lezione storico-filosofica di Kreuse sia un portato dello scetticismo, o meglio ancora, della diffidenza statunitense nei confronti dell’illuminismo inglese e francese, che prendeva piede quando gli Stati Uniti si formavano contro l’istituzione statale inglese e, in un certo senso, anche francese. Il pensiero illuminista, nella sua branca atea, non è sostanzialmente mai arrivato negli USA, mentre quello di stampo deista o teista, sì. Alla fine del Settecento, per gli americani, tutto quello che veniva dall’Europa era da prendere con le pinze, in particolare se veniva da Londra e Parigi. La rivalutazione della cultura europea avviene in un secondo momento, salta in buona parte la lezione illuminista atea e individua nel “vecchio continente” un punto di studio del passato antico, più che una fonte di cultura utile per il presente e il futuro.
La retorica Americana della nazione cristiana, il motto “in God We Trust” stampato sulla cartamoneta, la recitazione corale della Pldge of Alliegiance, sono cose che gli stessi Americani danno per scontate come facente parte della narrativa della fondazione degli Stati Uniti. Ma solo di questo si tratta, di narrativa. Perché infatti, argomenta questo interessantissimo libro, l’identificazione come “popolo favorito dal Signore” è non solo molto recente, ma soprattutto molto lontana dalle intenzioni dei padri fondatori.
Nasce, argomenta Kreuse, come reazione al New Deal di Roosevelt, che aveva l’appoggio di molte delle chiese cristiane dell’epoca. E quindi i magnati american (nomi che si ritrovano ancora oggi: Pew, Hilton, Marriott, Disney)i si danno da fare a reclutare predicatori che sostengano la causa dell’individualismo e del capitale contro quella del collettivismo e dello stato sociale.
Hanno mezzi economici, e ne fanno buon uso: nel giro di un decennio, arrivano alla…
L’ambasciata del Regno Unito a Roma è in cerca di un vice-maggiordomo. Pagano 1429 euro al mese (lordi), ma vi avviso che l’ambasciatore – e la sua squadra di maggiordomi – solo l’anno passato hanno ricevuto una cosa come 7.465 ospiti in un anno. Vice-maggiordomo avvisato, vice-maggiordomo salvato.
Domenica 25 ottobre alle 12, un po’ di elettori romani si ritroveranno in piazza del Campidoglio in Roma per difendere la democrazia e far rispettare il verdetto delle urne comunali.
Due parole sulle elezioni canadesi: il Canada nei 10 anni governati dai conservatori è peggiorato. E’ diventato un paese più spaventato e più chiuso, in particolare guardando alle due leggi di cittadinanza che sono state approvate sotto Harper. Leggi che hanno reso davvero complicato l’accesso al paese e alla cittadinanza da parte di tutti coloro che pure avevano un serio legame con quella nazione, e il mio caso (8 anni di residenza e un Ph.D. completato a Toronto) è solo una goccia in un mare molto vasto. E’ fisiologico che il secondo paese più grande e vuoto del pianeta Terra si mostri comprensivo e accogliente rispetto al fenomeno della immigrazione globalizzata, se non altro perché la Storia insegna che dall’afflusso di immigrati il Canada è nato, si è costruito ed è diventato uno dei 7 paesi più ricchi del mondo. Harper, in questo, è stato l’alfiere dell’anti-canadesità. Non è un caso che fra gli sconfitti eccellenti del Partito Conservatore, ci sia l’ex ministro alla Cittadinanza e immigrazione, Christopher Alexander.
La vittoria dei Liberali, con maggioranza assoluta, segna che i canadesi non hanno voluto fidarsi del partito che arrivò secondo alle scorse elezioni, il partito dei sindacati, l’NDP, giudicato dai più come troppo socialista e troppo un salto nel buio rispetto alla guida conservatrice. I Liberali hanno scelto con cura e astuzia il loro leader (attraverso elezioni primarie regolate) e si sono fatti rappresentare da un leader giovane, figlio del più grande mito della storia politica canadese: Justin Trudeau. Questo giovane uomo ha vinto e convinto, e mi pare ingeneroso sostenere che ci sia riuscito solo in virtù dell’immagine o del cognome famoso, che in ogni caso erano sue qualità personali.
L’NDP paga, fra l’altro, la precoce morte del loro Enrico Berlinguer, quel Jack Layton che avrebbe senza dubbio saputo guidare il suo partito su altre percentuali rispetto a quelle di oggi.
L’amica Filomena Calabrese, anche nota come Miss Calabreezy, scrive dei suoi inizi e delle sue fini, su cui riflette proprio mentre è lì, a un giro di boa della vita. Bello, brava Filo.
When does the thrill of starting anew morph into fear of ending in the same place? The tide rising to foam along the wharf with steady ebb and flow fills endless space; Ever-changing and changeless—motion, time— beginnings and ends to each other bound. Life set to order by thought’s measured rhyme; Life torn apart by storm in feeling found.
When we begin, ready to follow through again, the end with promise still aglow, as senses push each looming thought from view, and there is speed in all that once was slow, we should be made to think of previous ends— the past on which the present still depends.
(By Agnieszka Polakowska)
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I wake with a heavy heart. The new beginnings which were to fill my heart’s places have been eclipsed by lingering ends.
I had been living in Norfolk, Virginia, for two years when I decided to return…
Condivido il post di Cristiana alla lettera. E rilancio: Marino, candidati con una lista civica. E lasciati aiutare nella comunicazione politica, che fin qui non ha funzionato.
Alla fine è andata così. Ce l’avete fatta. Marino è scivolato ingenuamente su una buccia di banana e non si aspettava altro. C’era un plotone d’esecuzione schierato di politici di ogni parte, di giornalisti, di attori e registi a cui forse Ignazio non serviva a nulla se non a scrivere qualche editoriale di fuoco. E’ stato come bombardare un villaggio di bambini armati di mazzafionda invece che una base militare nemica pronta a sganciarti la bomba atomica. Io questo sindaco alle primarie non lo avevo votato, ma è stato fino a poco fa il mio sindaco perché so che ce l’ha messa tutta per fare bene alla città anche se non è empatico, non è belloccio e fa sempre il secchione e forse all’inizio si è fidato troppo di una parte, poi ha capito. Almeno io la penso così.
Basta vedere chi è contento per capire come sono andate le…
Francesco Luna, autore del blog omonimo, ha scritto un post di estremo interesse sugli attacchi concentrici al sindaco di Roma, Ignazio Marino. Talmente ha avuto successo il suo post che il blog di Francesco ha un po’ di problemi tecnici all’accesso (più di 40mila accessi). Quindi ho pensato di ripubblicare anche qui il testo, anche per evitare che i nemici di Marino possano affossare il blog di Francesco per far sparire il testo.
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Perché sparano tutti contro il sindaco di Roma? Come mai da qualche mese a questa parte lo sport preferito di intere bande di editorialisti e twittaroli è prendere a pallate incatenate Ignazio Marino? Come mai a queste masse agitate ha fornito una sponda, assestando lui stesso fendenti micidiali, persino il “misericordioso” papa Francesco? Se provi a chiedere a qualcuno dei vessatori quotidiani di Marino, siano essi editorialisti o gestori di potenti siti internet, ti rispondono che la colpa è del sindaco, che non sa comunicare. Il che è abbastanza prevedibile: ogni aggressore giustifica le proprie azioni accusando la vittima: è lei che le botte “se le va a cercare”. Oppure indicano un cassonetto pieno o un autobus in ritardo e dicono: “Vedi? Marino se ne deve andare”.
In realtà i motivi dell’aggressione quotidiana contro Marino sono altri. Il motivo principale, quello che muove le grandi masse urlanti, è che picchiare Marino è facile. Marino è un “soft target”, uno che si può massacrare tranquillamente. Marino è la cuccagna dei vigliacchi da scrivania: lo possono sbertucciare sui giornali senza paura, perché nessuno telefonerà il giorno dopo per minacciare il loro editore. Anzi: saranno in molti a brandire i loro editoriali come scimitarre per chiedere la rimozione del sindaco. E i cittadini di Twitter, che dei giornali leggono solo i titoli si uniscono volentieri al pestaggio, così, perché lo fanno tutti.
L’ex sindaco Gianni Alemanno
Il secondo motivo per cui Marino si può picchiare è che si è fatto molti nemici. E ai vigliacchi piace far parte del branco, specie se del branco fanno parte personaggi non particolarmente belli a vedersi. Chi detesta Marino è per esempio l’ex sindaco Gianni Alemanno, quello che gli ha lasciato in eredità una città sull’orlo del collasso, quello che rimpinzò l’Atac, l’azienda comunale dei trasporti, di parenti e amici, portandola quasi alla bancarotta. Fra chi vorrebbe cacciare Marino ci sono poi i Casamonica, quelli del funerale coatto che ha sputtanato la città davanti al mondo, per colpa di gravi omissioni da parte delle forze dell’ordine, che sapevano e non fecero nulla. Le forze dell’ordine, sia detto per inciso, fanno capo al prefetto Franco Gabrielli, è lui il responsabile del disastro dei Casamonica, come ha del resto ammesso lui stesso. Ma Gabrielli non si tocca: lui i protettori ce li ha.
I funerali di Vincenzo Casamonica
A proposito di “mondo di mezzo”, Marino è certamente visto come il fumo negli occhi dai mafiosi di Mafia Capitale. Da quando c’è lui, per i criminali gli affari vanno a rotoli. Non riescono più a piazzare nessuno dei loro in Campidoglio, non riescono a condizionare gli appalti, hanno grosse difficoltà ad entrare nelle stanze dei dirigenti comunali, come facevano un tempo, e a far capire chi è che comanda. Insomma: non comandano più e quelli sono personaggi con i quali è meglio non scherzare. Infatti a Marino, che aveva cominciato a fare il sindaco girando in bicicletta, da molti mesi è stata assegnata dal Ministero dell’Interno una scorta.
Fra gli altri nemici di Marino ci sono alcune fra le famiglie più potenti di Roma, come la famiglia Tredicine, quella che gestisce gli orribili camion bar che Marino ha fatto sgomberare dal Colosseo e da altre fra le più belle attrazioni turistiche di Roma. Mettrersi contro questi signori, fra l’altro ampiamente rappresentati in Campidoglio, è un gesto di grande coraggio, che nessuno fra i predecessori di Marino aveva mai compiuto, a cominciare dai due recenti sindaci più famosi e acclamati: Veltroni e Rutelli. Adesso il Colosseo lo si può finalmente ammirare in tutto il suo splendore, non più impallato dai camion bar. Una gioia da assaporare magari dopo una passeggiata sull’ultimo tratto di via dei Fori Imperiali, resitituita finalmente sempre di più al traffico pedonale (altra coraggiosa iniziativa che ha mandato su tutte le furie i commercianti e i residenti, molto potenti, della zona).
Camion bar davanti al Colosseo
L’elenco dei nemici di Marino potrebbe continuare a lungo: ci sono le potenti famiglie di Ostia che avevano cementificato abusivamente il lungomare e che si sono trovate una mattina le ruspe mandate da Marino a restituire la spiaggia ai romani. O coloro che lucravano sulla discarica di Malagrotta, un orribile monumento all’inquinamento e al degrado, che Marino, dopo anni di sindaci indecisi, ha chiuso, raddoppiando allo stesso tempo la raccolta differenziata. O le potenti ditte abusive che infestavano la città con enormi cartelloni pubblicitari. Marino ha persino messo mano agli affitti degli alloggi comunali, rimettendo in discussione casi di gente che pagava poche decine di euro al mese per appartamenti in pieno centro e mettendo in vendita ben 600 appartamenti. E ha deciso di far lavorare di più i macchinisti della metro, costringendoli a “strisciare” il badge a inizio e fine turno, come nei paesi civili.
Contro Marino c’è poi ovviamente il PD romano, infiltrato da personaggi inquietanti e contingui alle opache pratiche del malaffare di Mafia Capitale e dunque sciolto da Matteo Renzi e commissariato con Matteo Orfini. Con la vittoria di Marino, i potentati del PD romano si erano già messi il tovagliolo ed erano pronti a sedersi a tavola. Ma il sindaco li ha sbattuti fuori, forte del mandato popolare diretto. Chi sperava di fare l’assessore si è dovuto accontentare di un seggio in consiglio comunale, chi sognava la poltrona di amministratore di una municipalizzata è rimasto a casa. Qualcun altro, nel frattempo, è finito in galera. Tutte persone con amicizie molto in alto, tutte persone che gliel’hanno giurata.
Marino e Renzi, quando andavano d’accordo
Fra i nemici più illustri di Marino c’è poi lui, il più potente di tutti: Matteo Renzi. Il presidente del Consiglio non ama Marino, e non capiamo perché. Il sindaco di Roma è in realtà il più renziano dei primi cittadini. Da quando è stato eletto ha preso le sue decisioni senza guardare in faccia nessuno, ha sbaragliato i centri di potere, ha avviato politiche di lungo termine, ha preso decisioni impopolari. Ha “cambiato verso” e ne sta raccogliendo i frutti, se è vero che solo la scorsa settimana Fitch ha detto che finalmente, dopo tre anni, i conti di Roma stanno tornando in ordine. Ma a Renzi Marino non piace, e questo facilita ovviamente il compito dei picchiatori mediatici. Se l’imperatore mostra il pollice verso, i leoni (che in realtà sono conigli) possono partire all’attacco.
E veniamo all’ultimo dei nemici che Marino si è fatto, che poi è il più grosso: il Vaticano. E qui il piccolo sindaco di Roma si è messo contro un gigante contro il quale nessuno aveva mai osato mettersi. Come mai Marino è inviso a Papa Francesco? Qui Filadelfia non c’entra nulla. Marino è malvisto dalla Curia per la sua storia, passata e presente. Da politico, Marino si batté con coraggio a favore del referendum sulla procreazione medicalmente assistita eterologa. Pochi se lo ricordano, ma quella di Marino e altri fu una battaglia di civiltà osteggiata con forza dal Vaticano e purtroppo persa per il non raggiungimento del quorum al referendum del 2005.
Ma non finisce qui. Poco dopo il suo insediamento, Marino istituì il registro comunale per le unioni civili, accogliendo anche coppie dello stesso sesso, proprio mentre si concludeva in Vaticano il sinodo sulla famiglia. Un’iniziativa simbolica, che provocò anche aspri contrasti con l’attuale ministro dell’Interno, Alfano, ma che fu uno dei pochissimi riconoscimenti della dignità delle coppie gay. Non contento, Marino ha poi nel giugno scorso apertamente patrocinato il Gay Pride a Roma. Va ricordato in proposito che, nel 2000, l’allora sindaco Rutelli patrocinò dapprima il Gay Pride, ma fu costretto poco prima della giornata a ritirare il patrocinio. Marino non solo non ha ritirato il patrocinio, ma si è persino messo in testa al corteo, il 13 giugno scorso. E vedere quella fascia tricolore sfilare a pochi metri dal Cupolone insieme alle bandiere arcobaleno deve aver provocato più di un travaso di bile nelle segrete stanze del Vaticano e più di una preoccupazione per la “cattolicità” dell’imminente Giubileo.
Marino al Gay Pride, il 13 giugno scorso
Si arriva così alla trasferta di Filadelfia. I fatti sono noti: in giugno il sindaco di Filadelfia, Michael Nutter, e l’arcivescovo, Charles Chaput, volano a Roma per preparare la visita del Papa di settembre. Vogliono capire dagli esperti comunali come organizzarsi. Marino li riceve e Nutter lo invita a Filadelfia per una serie di iniziative in concomitanza con la visita del Papa. Marino annuncia la trasferta, specificando che i costi non saranno a carico dell’Amministrazione capitolina e che l’invito viene dal suo collega sindaco. Pochi giorni fa, come annunciato, Marino vola prima a New York, poi a Filadelfia, dove partecipa a diverse riunioni ed eventi, fra cui la messa del Papa in occasione del World Meeting of Families.
E siamo al redde rationem. Durante il viaggio di ritorno del Papa, a nome dei giornalisti italiani al seguito, il giornalista di SkyTG24, Stefano Maria Paci, gli rivolge una domanda molto scorretta. Eccola:
“Ci tolga una curiosità. Il sindaco Marino, sindaco di Roma, città del Giubileo, ha dichiarato che è venuto all’incontro mondiale delle famiglie, alla messa, perché è stato invitato da lei. Ci dice com’è andata?”.
Notate come il giornalista inserisca nella sua domanda al Papa una vera e propria menzogna, quando afferma: “Il sindaco Marino … ha dichiarato … che è stato invitato da lei”. Mai, in nessuna occasione, Marino ha detto di essere stato invitato dal Papa. Anzi: ha sempre specificato che l’invito a Filadelfia gli era stato rivolto dal sindaco di quella città. E’ abbastanza incredibile che giornalisti professionisti compiano una scorrettezza simile, fra l’altro rivolgendosi ad una delle persone più influenti della Terra. Il Papa non può ovviamente sapere cosa abbia detto o non detto Marino, ma non sembra dispiaciuto dalla domanda. Ecco cosa risponde:
Papa Francesco in volo.
“Io non ho invitato il sindaco Marino, chiaro? Ho chiesto agli organizzatori e neanche loro lo hanno invitato. Chiaro? È venuto… lui si professa cattolico: è venuto spontaneamente”
Il colpo è micidiale e l’effetto politico che ne segue devastante. I siti internet (a parte La Stampa) mettono in rete solo la risposta del Papa, non la domanda, facendo credere surrettiziamente che la precisazione sia un’iniziativa di Bergoglio. Il video del Pontefice in aereo col microfono che dileggia Marino, in un colpo solo, fa contenti: i Casamonica, Gianni Alemanno, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, la famiglia Tredicine, la lobby dei commercianti dei Fori Imperiali, il PD romano commissariato e ciò che resta di Mafia Capitale. Si stappa lo champagne. Partono i tweet e partono le paginate sui siti, ma soprattutto si mettono in moto le tastiere dei picchiatori. Il Papa tiene fermo Marino e loro possono pestarlo a sangue: dài ché ci divertiamo. Si impaginano i pezzi dei vari Merlo, Tucci, per non parlare di Giordano e Tramontano. E’ una festa: la character assassination impazza. Tutti a scrivere che il Papa smentisce e sbugiarda Marino, quando è ovvio che il Papa non ha smentito nulla, perché Marino mai aveva detto di aver ricevuto inviti dal Papa. La replica di Marino viene nascosta in poche righe, nessuno la vede. La gogna è scattata, chi vuole può avvicinarsi a scagliare la sua pedata.
Pochissimi scelgono di ragionare con la propria testa. Fra questi, Massimo Gramellini, sulla Stampa, e Francesco Oggiano, su Vanity Fair. Intervengono per ristabilire la verità opinionisti noti come Stefano Menichini e Chiara Geloni. Ma le loro voci, per quanto forti, sono surclassate dalle grida sguaiate dei pecoroni da tastiera.
Il colpo è assestato, Oltretevere qualcuno forse sta brindando. O forse no, sta di fatto che il Papa è ormai ufficialmente collocato fra quanti vogliono togliere di mezzo il sindaco di Roma.
Resisterà Marino, sindaco da poco più di due anni, all’attacco concentrico dei suoi tanti nemici, con l’appoggio di fatto di chi a Roma regna da una ventina di secoli? Non lo so. So che questo sindaco è stato eletto con il 60% dei voti dei romani, che hanno diritto di vedere rispettato il proprio voto. So anche che Marino ha difetti, come tutti, ma nonostante la stampa e la tv facciano finta di non vedere, sta portando avanti riforme coraggiose e provvedimenti importanti e che la città, lasciata dalla destra in condizioni drammatiche, sta migliorando. Marino è un argine fragile all’arroganza e alla protervia di chi, da varie angolazioni, vorrebbe tornare a decidere cosa deve e non deve essere fatto a Roma, infischiandosene dei romani e di quello che essi stessi hanno scelto. Per questo Marino ha il dovere di resistere e andare avanti, se ce la fa. E chi se la sente ha il dovere di difenderlo.
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