A grande richiesta, pubblico il capitolo iniziale del mio ultimo romanzo, che prende il nome da questo stesso blog. Vi ricordo che “Anelli di fumo” esce in libreria il 10 dicembre, ma potete già trovarlo come E-book qui, e se preferite le copie cartacee, potete ordinarle qui.
Zero.
Uno per tre e tre per uno perché
insieme noi usciamo sempre dai guai
e difendiam la Terra dall’ombra della guerra
il nostro cuore batterà per la libertà
intrighi e loschi piani dei mostri disumani
il nostro raggio spazzerà nell’immensità
Daitarn, Daitarn
arriva già il nemico, scatta
ma tu ci sei amico, Daitarn
evviva Daitarn III…
Sigla di Daitarn III
La tua generazione è quella nata con due canali Rai. Quella cresciuta con i primi cartoni giapponesi trasmessi in Italia: Capitan Harlock, Goldrake, Heidi, Lady Oscar, Daitarn III e Candy Candy. Quella dei primi telefilm americani: Furia, Arnold, Happy Days, Spazio 1999, Sandokan e Mork & Mindy, di cui canticchia ancora il ritornello. Voi, nati nei primi anni Settanta, avete imparato a leggere sui Barbapapà e a colorare su Miao. Al cinema vi siete fatti rapire da La Carica dei 101 ed E.T., di cui avete atteso per anni un seguito che non c’è mai stato. La tua generazione è stata mandata in tutta fretta a casa da scuola quel mattino di marzo del 1978, pochi minuti dopo che il Tg2 in edizione straordinaria aveva dato notizia “del rapimento del Presidente Moro a opera delle Brigate Rosse”. La tua generazione è stata l’ultima davvero comunista, quella di Enrico, e ha ancora negli occhi quel comizio a Padova. La tua generazione è nata calcisticamente al Santiago Bernabeu di Madrid, in una giornata del luglio 1982, cullata dalla voce pastosa di Nando Martellini: Zoff Gentile Cabrini, Oriali Collovati Scirea, Conti Tardelli Rossi, Antognoni Graziani. Allenatore: Bearzot. Siete stati gli ultimi ad aver giocato con le biglie sulla spiaggia e a campana col gesso in cortile. Ma siete stati i primi ad aver respinto, aggrappati a un joystick in piedi su una sedia da bar, l’invasione degli Space Invaders. La tua generazione è caduta in un pozzo artesiano di Vermicino e non ne è mai più uscita. Ricordate i salti di Sara Simeoni per l’oro olimpico e perfino quelli di Nino Castelnuovo per l’olio Cuore. Siete capitati dentro alla rivoluzione sessuale e siete scampati per un pelo – chi più, chi meno – al teschio dell’Aids. Qualcuno di voi appare in una foto a cavalcioni del Muro di Berlino, e ne custodisce un frammento su una mensola di casa. La tua generazione non ha fatto la Resistenza, ma la Resistenza Umana di Cuore sì. Eravate adolescenti durante gli anni di Tangentopoli; all’epoca eravate convinti che il futuro fosse illuminato di progresso e il passato non potesse tornare. Seduti sul tappeto davanti alla tv, avete assistito al tramonto del socialismo, sia reale che rampante. Avete visto la fine della storia e l’inizio delle storie di guerra. La tua generazione è l’ultima della Dc e la prima che, forse, non morirà democristiana. Avete pianto e marciato a Palermo, in quell’orribile estate del 1992. Avete riso della “Padania” e avete odiato un Cavaliere in doppiopetto. Siete stati i primi a visitare l’Europa con l’interrail e poi a cavallo della Ryan Air. Siete stati gli ultimi a telefonare con i gettoni dalle cabine della Sip. Avete vissuto metà vita senza cellulari, smartphone e tablet e ora non sapete farne a meno. Siete quelli di internet e del free wi-fi, ma quando andate a un concerto rock preferite ancora far ondeggiare la fiamma dell’accendino, che non brillare lo schermo del telefonino. Vi siete persi di poco l’allunaggio, ma ricordate bene l’esplosione a “Y” dello Space Shuttle. La tua generazione è quella delle lire con l’inflazione e poi dell’euro in deflazione. Avete pianto la morte di Fabrizio De Andrè, Lucio Battisti, Giorgio Gaber, Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman, Mordecai Richler, Carmelo Bene, Pierangelo Bertoli, Walter Matthau, Jack Lemmon, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Mia Martini, Giuni Russo, Arthur Miller, Enzo Jannacci, Lucio Dalla, Robin Williams. Una generazione sopravvissuta alla scomparsa dei maestri, e che ora non ha più modelli da ascoltare, da leggere, da imitare. Siete i primi a dover campare senza il posto di lavoro sicuro. Una classe di operatori di call center laureati, ultra specializzati e facilissimi da licenziare. Siete quelli emigrati a Londra, a Toronto o in Australia, a cercare la vostra America. Siete passati nel tritacarne della mobilità, della globalizzazione, della delocalizzazione, dei co.co.co, dei co.co.pro. Avete buttato i vostri migliori anni in stage gratuiti, contratti a progetto, a termine, di job-sharing, e intanto siete i primi a non far figli prima dei trentacinque. La tua generazione sarà la prima senza la pensione e tutto sommato è una fortuna: non avete ancora versato un contributo. La tua generazione è quella dell’11 settembre, e sta ancora precipitando dalle Torri. La tua generazione è la prima che vivrà almeno cent’anni e si sforza di non pensarci. La tua generazione ha visto tutto. Ma non ne ha ancora abbastanza.
Pochissime le note, in questo libro che si apre con il motto che gli zuavi stessi appuntavano sulle loro memorie. Un libro chiaramente a tema, con l’intento di far apparire i politici savoiardi, i garibaldini e i bersaglieri del Regno di Sardegna al pari di “empie canaglie” per citare la definizione di uno zuavo dell’epoca. La cosa buffa è che l’autore di questo testo è uno statunitense, per giunta di quelli alquanto digiuni di storia europea.
Se l’intera vicenda degli zuavi è presentata in chiave apologetica, romantica e idealista, sono particolarmente esilaranti alcune affermazioni su ciò che sarebbe stato della Spagna se per caso avesse vinto la Repubblica contro i franchisti, o sulla supposta fragilità delle fondamenta dello Stato italiano d’oggi, a cominciare dal referendum monarchia/repubblica. Per Coulombe ogni volta che c’è un plebiscito o un referendum popolare a confermare lo sfavore popolare nei confronti del papa-re o, più tardi, della monarchia stessa, i numeri non contano a causa dei brogli. Brogli che vengono dati di volta in volta per assolutamente certi e scontati, ma senza uno sbrenzolo di nota che indichi quali studi sostengono la teoria dei brogli, e entro quale eventuale misura.
Manca completamente l’analisi dei valori e dei principi per i quali gli zuavi e la Chiesa cattolica quebecchese si battevano e quindi il libro risulta a senso unico, come se fosse stato scritto da uno storico neo-nazista che intendesse esaltare le gesta militari della Lutwaffe e delle SS tedesche, senza mai chiedersi chi rappresentasse cosa.
Alquanto misero e patetico il tentativo di sminuire la figura di Garibaldi, che probabilmente fu chiamato “eroe dei due mondi” per una banale coincidenza, secondo Coulombe. Il Garibaldi qui tratteggiato è in buona sostanza uno sfigato, un senza-dio, una marionetta in mani altrui, con buona pace del suo reale spessore intellettuale, ma soprattutto dell’entità dei suoi successi militari. Tutte cose che si possono ignorare, secondo Coulombe.