Pagare per pubblicare articoli: ovvero, il mondo al contrario

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indexOk, io ho il difetto che vengo dal giornalismo. Inoltre, ho anche il difetto che ho fatto il giornalista negli anni precedenti alla Lunga Crisi. Per cui a me sono arrivati anche gettoni da 380 euro per un articolo pubblicato su riviste di un certo livello. Da queste cifre al pubblicare articoli scientifici senza essere pagato affatto, fu già uno choc. Ma si trattava dei miei primi passi nel mondo delle pubblicazioni accademiche e quindi sussultavo con facilità. Ricordo perfino che quando Daniele Scalise mi disse che Mondadori pagava solo 300 euro per ogni racconto incluso nell’antologia Men on Men, io lì per lì gli dissi: “Solo 300 euro? L’Espresso me ne dà 350 per un pezzo 10 volte più corto”. Beata ingenuità. Oggi, se le antologie Men on Men esistessero ancora, è probabile che Mondadori chiederebbe lei il gettone da 300 euro ai suoi autori.

Dite che esagero? E allora seguitemi. Minuti fa ho letto che per pubblicare sulla celeberrima rivista accademica Italian Studies, oltre alla lunga serie di requisiti d’ogni genere che il tuo prodotto culturale deve avere, c’è anche da sbrigare la seguente pratica:

The article publishing charge (APC) associated with this journal is £500 or US $800 per article.

Lì per lì mi son detto: ah però, vedi questi britannici? Questi pagano gli articoli che accettano con la peer-review. Poi faccio mumble mumble, torno su quella parolina “charge” e mi dico: aspetta un momento. Vuoi vedere che questi si fanno invece pagare per pubblicarti? Ho così scoperto la favolosa esistenza della Article Processing Charge. Ora, intendiamoci: se avete un’affiliazione accademica probabilmente son soldi che passano sopra alla vostra testa. Ma se non l’avete?

Ma al di là dell’aspetto materiale, ma non è proprio brutto che una prestigiosa rivista accademica faccia pagare i suoi augusti autori? Non sarebbe etico il contrario, semmai?

 

5 pensieri su “Pagare per pubblicare articoli: ovvero, il mondo al contrario

  1. E’ esattamente quello che è sempre successo da sempre nel mondo delle conferenze IT, in cui l’articolo viene accettato o meno in via gratuita, ma viene pubblicato solo se tu partecipi alla conferenza, con costi che sono spesso ben superiori a 500$, anzi magari fossero così bassi.

  2. A parte che sono 800$, inutile dire che continuerò a preferire, per i miei articoli scientifici, quelle riviste peer-reviewed che non chiedono di pagare per pubblicare.

  3. E’ sempre stato così, le riviste accademiche si rivolgono a chi è affiliato ad un dipartimento, e molte sin da prima della “moda” open access chiedevano di pagare. Alcune chiedono solo se si vogliono le figure a colori. Per fortuna ce ne sono molte che sono affiliate a serie società scientiche (American Chemical Society, American Institute of Physics, Royal Society of Chemistry etc …) e che non chiedono soldi.

  4. poltronaletto

    Non ho al mio attivo pubblicazioni scientifiche, ma giornalistiche e librarie sì, e di quello ti scrivo. Sai che sono a caccia di un nuovo agente. Due con cui ho parlato (della stessa agenzia) mi hanno detto che ora è praticamente impossibile che un editore ti paghi le spese per un libro d’inchiesta. Esempio: un tale che scrive libri sui paesi rognati de mondo, già è lì con le missioni Onu, per cui non ha (né chiede) spese. Altra cosa: una prestigiosa casa editrice italiana (ho studiato su più di un suo testo all’università) da qualche tempo chiede soldi all’autore per pubblicarlo (sì, il mondo alla rovescia). Nel mio gruppo (non scrivere quale, sii buono) i pezzi su Parigi li scrive una che ha casa lì. In generale, si va in trasferta solo con l’invito dell’ufficio stampa, che in questo modo ha la certezza di piazzare il marchettone.
    Oltre alle tue considerazioni, e tornando strettamente ai libri (scientifici, giornalistici), mi chiedo: qual è il mio vantaggio? Mi fa curriculum? Ma se ho pubblicato a pagamento, che razza di curriculum è? Illuminazione: tra quelli disposti a pagare per essere pubblicati, hanno scelto me. Ergo: sono una gran f! Vado a comprarmi un mantello di ermellino e una corona (ovviamente mi pago io anche quelli). Unica nota positiva per i free lance: ora l’Ordine ha fissato un tariffa minima. “Molto minima”, poi chissà se verrà rispettata, ma almeno adesso c’è. Sursum corda, S.

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