10 anni di Anellidifum0

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Beh signori, il tempo passa, i peli della barba si imbiancano e anche i blog invecchiano e cambiano. Grazie a questo post di Elfobruno, mi sono ricordato che questo blog ha compiuto il 20 marzo 2014 il suo decimo compleanno.

Dieci anni sono una bella età. Per gli uomini è l’entrata in un’infanzia più consapevole, per i cani in una vecchiaia quasi mesta. Per un blog, non so bene. Dieci anni di post. Il 20 marzo fu aperto l’account, ma i primi post furono pubblicati appena dopo la mezzanotte, quindi tecnicamente il 21 marzo 2004. Anellidifumo all’origine era scritto così, senza lo “0” al posto della “o”, ed era ospitato sulla piattaforma de Il Cannocchiale. Naturalmente ho perso la password di quella piattaforma e non posso, per ora, più recuperarla. Quindi se volevate statistiche, dovrete accontentarvi del numero di click: 1.535.221 sulla vecchia piattaforma, 386.117 qui su WordPress, dove ho traslocato il 16 settembre 2009, che pare poco ma sono comunque cinque anni fa. 

Dal grande divario nel numero di click nei 5 anni sul Cannocchiale e 5 anni su WordPress, si capisce che Anellidifum0 ha subito il declino di quasi tutti i blog, scalzati dal predominio assoluto dei socialcosi. Un po’ me ne dispiace, ma dopotutto questo è internet 2.0, baby, e bisogna farsene una ragione, più che stare a recriminare. A differenza di altri blogger, ho scelto di tenere in vita questo spazio, al quale poi si è affiancato, anni fa, un blog personale sulla piattaforma de Il Fatto Quotidiano. Qui ho finito per scrivere cose relativamente più personali, anche se poi tutto è relativo.

I consuntivi su 10 anni sono sempre molto ricchi di considerazioni di ogni genere. Come voi tutti, anche io in questi 10 anni sono cambiato e invecchiato, come normale. Meno illusioni, meno sogni, meno pazienza e più fatalità e relativismo. Non ho enormi rimorsi per le scelte fatte, anche se potendo tornare indietro farei molte cose in modo diverso, se non altro per vedere l’effetto che fa.

Guardando ai prossimi 10 anni, spero di potermi riavvicinare a quella che sarà sempre “casa”, e di aumentare il numero di boccali di birra presi nelle peggiori taverne romane. Spero di avere molte altre notti passate con Liuk e con mio padre, con Lisa, con Chicca e con mia mamma, a parlare, a immaginare, a fare illazioni e previsioni e ipotesi. A domandarsi quale sia il senso, se poi un senso c’è, e come fare a essere (ancora) più felici. Nei prossimi 10 anni, se il mio cammino non si interromperà, ci saranno compagni di viaggio che saluteranno e magari altri che si accosteranno. Ho cercato di conservare un frammento di ciascuna delle persone che ho amato dentro la testa, anche quando tutto sommato hanno dimostrato e confermato di non meritarselo. A ripensarci, forse è questa la qualità che mi riconosco di cui vado più fiero: qualcuno, moltissimi anni fa, mise la cosa in luce negativa e stigmatizzò una mia abitudine a trasformare i ricordi in gemme e a trattenerli colpevolmente stretti fra le mani. A distanza di quasi 20 anni da quella frase, posso dire che è nobile sforzarsi di non dimenticare le persone che si sono amate e che ci hanno fatto stare bene. Anche quando poi quello “stare bene” è durato, tutto sommato, poco.

Finora ho provato a venire mosso in fotografia, per un altro po’ sarà così, poi verrà il giorno in cui uno si stanca e rimane fermo. Lì, allora, mi vedrò bene in faccia e magari vi saprò dire com’è andato il cammino.

Per adesso, buona lettura a chi deciderà di continuare a frequentare, saltuariamente, queste pagine virtuali.

Del perché Luciana Littizzetto è più dannosa di Emilio Fede per la crescita culturale, politica e spirituale degli italiani

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E’ da tempo che volevo scrivere qualcosa su Luciana Littizzetto, poi però ci ha pensato Scalinata di Odessa:

Del perché Luciana Littizzetto è più dannosa di Emilio Fede per la crescita culturale, politica e spirituale degli italiani.

Media sondaggi al 17 Marzo

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Sempre utili le medie di Eugenio.

il mondo visto da un pennuto

Media Sondaggi 17 mar Un PD in ripresa supera  nuovamente quota 31%, FI stabile e M5S nuovamente in discesa. Queste in breve le novità della settimana.Per cio’ che concerne le forze minori nessuna sembra poter raggiungere la soglia del 4.5% per accedere al parlamento. NCD e Lega Nord sono infatti inchiodate da settimane intorno al 4% mentre SEL neanche raggiunge il 3.5% e questo a fronte di una affluenza stimata che in questa settimana non raggiunge nemmeno il 58% e quindi le speranze per queste forze di superare la soglia di sbarramento sono veramente minime.

Il vantaggio del centrodestra sul centrosinistra e’ inferiore al punto percentuale senza peraltro raggiungere il 37% cosa che costringerebbe le forze politiche ad affrontarsi al secondo turno. Qualora la coalizione di Berlusconi vincesse anche il secondo turno la totalità dei 324 deputati sarebbe poi eletta nelle fila di Forza Italia

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Permesso di critica

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La riflessione che sarebbe interessante fare non è come mai ci siano tanti critici italiani che hanno scritto e scrivono in modo (parzialmente) negativo su  La Grande Bellezza. No, la riflessione da fare è come mai a tanti italiani pare strano o grave che dei critici italiani abbiano eccepito su un film italiano che pure ha vinto l’Oscar e il Golden Globe.

Io trovo che alla base ci sia un misto di provincialismo e di mancanza di autostima nazionale. Il provincialismo è dato dalla convinzione tutta piccolo-italiana che solo in Italia i critici eccepiscano sui prodotti culturali di successo del proprio paese, come se invece i critici statunitensi non avessero affondato il Titanic film più di quanto sia affondato il “Titanic” nave, e così per molti altri paesi.

La mancanza di autostima nazionale è qualcosa di più sottile: molti italiani considerano l’Italia di oggi culturalmente talmente prostrata, che quando capita il film italiano capace–addirittura!–di vincere un Oscar e un Golden Globe, pare inammissibile che altri italiani ne parlino male. Si accusa coloro che non si uniscono al carro del vincitore di “non saper fare rete”, di “non avere idea di cosa sia il sistema-paese”, addirittura di essere anti-italiani. Io non so se la situazione sia davvero così drammatica, ma a giudicare da quanto il concetto di “Italia” sia amato all’estero, anche a dispetto di ciò che gli italiani in effetti sono e fanno (pensate all’immane evasione fiscale, all’allergia per le regole, all’incapacità quasi cronica nel prendersi cura del bene pubblico), direi proprio di no.

Ragazzi: rilassatevi. La Grande Bellezza è probabilmente il miglior film italiano degli ultimi anni (Virzì escluso), con indiscutibili pregi sotto il punto di vista della fotografia, della regia, della recitazione e, allo stesso tempo, un film mediocre sotto il punto di vista narrativo; un film che ha un ritmo sincopato (prima e dopo l’ingresso della suora) è un film privo di ritmo. E non basta dire che gira a vuoto perché racconta il girare a vuoto, o che è mediocre perché racconta la mediocrità. Non è quella l’arte. Tuttavia, un film capace di far discutere di sé in modo così prolungato e appassionato è, a mio avviso, eccezionale. Come lo fu L’ultimo bacio di Gabriele Muccino o Tanguy di Étienne Chatiliez che, se ricordate, dettero origine a dibattiti di dimensioni europee durato mesi e mesi dopo la loro uscita.

La Grande Bellezza è un film perfetto, molto astuto, pensato interamente per un certo tipo di pubblico straniero che ama una certa idea dell’Italia e che custodisce quell’idea con grande gelosia. Vuole confermare l’idea che ha in testa, e La grande bellezza questo fa. E attenti sull’obbligatorio paragone felliniano. Mentre Fellini raccontava le magnificenze di una Roma largamente onirica (non solo ne La dolce vita, ma in tutta la sua filmografia, da Le notti di Cabiria a Roma, passando per Le tentazioni del signor Antonio), capace di farsi mito attraverso quel sogno, e a suo modo di diventare per molti reale, Sorrentino affresca una caduta dell’impero romano senza la “R” maiuscola. Sorrentino illustra un dato di realtà, che di onirico non ha proprio un cazzo. La decadenza qui è morale, etica, collettiva e individuale, dunque psicologica. Ed è per questo che il paragone felliniano corretto, come già scritto tempo fa, è semmai con la testa fra le mani di Otto e mezzo, e non con le mani a indicare il sogno votivo de La dolce vita.

Tutto ciò per dire che l’Italia, in quanto nazione e in quanto comunità di artisti (non mi riferisco al popolo italiano, ma proprio alla nicchia degli artisti italiani), ha le spalle sufficientemente larghe per permettersi critiche autoctone non del tutto positive a un film di enorme successo. La cultura italiana, che si compone della nostra opera, della nostra musica, della nostra arte, della nostra architettura, della nostra poesia, della nostra prosa, del nostro teatro, del nostro cinema, della nostra cucina, della nostra moda, della nostra ricerca, delle nostre scuole dell’obbligo e, ahimè, meno della nostra accademia, ha le spalle davvero larghissime.

State tranquilli: possiamo permetterci di criticare uno dei tanti prodotti del nostro successo senza paura di uccidere la patria.

Tutti al cinema

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imagesRiflettevo con la consorte che questa stagione (da settembre a oggi) è stata davvero fortunata al cinema.

La mia classifica personale, che consiglio a tutti:

1) 12 Years a Slave;

2) Dallas Buyers Club;

3) The Butler;

4) Short Term 12; 5) Gravity; 6) Rush; 7) Blue Jasmine; 8) The East 9) The Skinny; 10) Bullhead; 11) Star Trek Into the Darkness; 12) Elysium; 13) 42; 14) Mud; 15) La grande bellezza.

Poi due documentari sontuosi: Bridegroom e We Were Here, visti quest’anno anche se il secondo è di qualche tempo fa, così come Skinny. Vi ho linkato solo i film o documentari meno famosi, perché probabilmente quelli famosi li conoscete già tutti.