2012 in review

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I folletti delle statistiche di WordPress.com hanno preparato un rapporto annuale 2012 per questo blog. La cosa più interessante è che il post di maggiore impatto nel 2012 è stato scritto nel 2009 ed è “Come si vive a Toronto”. Considerato che ricevo spesso anche delle email personali da lettori che stanno pianificando il loro viaggio (per sempre o per un periodo) in Canada, penso che prossimamente scriverò qualcosa su Ottawa, e sul Canada in generale. Per il resto, sono già molto contento di essere riuscito a tenere vivo e attivo questo blog, in un’epoca in cui i socialcosi hanno sostanzialmente ammutolito la blogosfera con tutte le loro comodissime diavolerie. Ma noi blog star della prima ora, come dire, resistiamo. Ora e sempre…

Ecco un estratto:

19,000 people fit into the new Barclays Center to see Jay-Z perform. This blog was viewed about 60.000 times in 2012. If it were a concert at the Barclays Center, it would take about 3 sold-out performances for that many people to see it.

Clicca qui per vedere il rapporto completo.

Forme di intelligenza

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Ho trovato qui una gran bella definizione del concetto di “intelligenza empatica”:

Shoe-shifting, the ability to put yourself in the other guy’s shoes is a fundamental skill of extraordinary power. […] It’s the scientific method applied to social life. […] Want more truth about your social situation?  Put yourself in other people’s shoes. But to do that, you have to get out of your own.  Our eyes are clouded by the longing to see ourselves in a favorable light. If you can’t afford, or refuse to relinquish your authority, self-conferred exemptions and specialness, it becomes next to impossible to get next to yourself, in other people’s shoes.  When you put yourself in another person’s shoes you risk seeing yourself as others would see you—not quite as special as you think. But the pay-offs are worth it.

Quanto è vero. L’intelligenza di una persona è data da una componente di diversi elementi. C’è l’intelligenza cognitiva, quella meno profonda, più semplice da avere e da riconoscere in sé e negli altri, che ha a che fare con una spiccata capacità di concentrazione, e la capacità di unire i punti e comprendere e parafrasare testi alfanumerici. Poi c’è l’intelligenza emotiva, che ha a che fare con un linguaggio delle emozioni, e che qui viene definita da Daniel Goleman come la “capacità  di riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri, di motivare noi stessi, e di gestire positivamente le nostre emozioni, tanto interiormente, quanto nelle relazioni sociali“. Esiste anche una forma di intelligenza sociale, che è definita come la capacità di relazionarsi con gli altri in maniera efficiente, costruttiva e socialmente compatibile.” I due aspetti più importanti dell’intelligenza sociale sono, guarda caso, l’empatia e la comunicazione.

Ecco, io credo che è ben possibile mancare di intelligenza empatica, di intelligenza emotiva e di intelligenza sociale, ma come tutte le cose, a un prezzo: quello di rimanere soli. E sono sicuro che non è possibile definirsi o essere definiti “intelligenti” quando si ha solo l’intelligenza cognitiva.

West Egg editing

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Si chiama come un famoso caffè (nel senso di bar) ammerigano, ma è un’agenzia letteraria: la West Egg di Roma, fondata e guidata da gente brava assai, che dopo una luminosa esperienza in Fazi, ha deciso (in modo assai saggio, a mio parere) di mettersi in proprio.

Sul loro sito, tante cose diverse, fra cui le vaghezie, uno spazio per scritture casual su cui mi è stato chiesto di dare il mio contributo. Il titolo originale è “Se il Quark ti parla di sé, ascoltalo.” Se vi piace, leggetevelo.

L’onore e l’onere

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Va bene, ammetto che quando ho ricevuto per mail l’invito a essere candidato al Parlamento italiano, la cosa mi ha fatto enorme piacere. Un profondo onore, e anche un onere non da poco. Parole che oggi si sentono usare poco. Ma dico l’ovvio: un conto è essere candidati per la seconda circoscrizione o il Comune di Roma, e un altro per il Parlamento di Roma.

In particolare, è un onore quando capita perché si è ritenuti al pari di una “personalità del mondo intellettuale italiano che dà lustro al nostro contributo politico”. Naturalmente, non penso di essere eletto, ma almeno questa volta (sono tra i più trombati a cavallo dei due secoli) non dipenderà da me, ma da quanti voti prenderà la lista e da quale posizione eventualmente avrò, se deciderò di accettare. Sì, perché per prendere una decisione del genere occorre ponderare. Facile dire: sì, oppure no. Bisogna valutare cosa cambia intanto con l’accettazione della mera candidatura, poi con la remota ed eventuale elezione. Una scelta che cambierebbe la mia vita, perché chiaro che se venissi eletto, poi mi metterei a fare il parlamentare a tempo pieno e tornerei a Roma, non sarei certo un assenteista. Oh, si parla della massima istituzione democratica del mio paese, scherziamo?

Ho già provveduto a ringraziare per iscritto gli ideatori della lusinghiera proposta. Qui vorrei, invece, ringraziare la scrittura in quanto tale, musa alla quale ho dedicato virtualmente tutti gli anni della mia vita. A volte le cose sono andate bene, a volte meno, ma si è comunque creato un pubblico di lettori. Voi. Gente che legge ciò che scrivo, non sempre è d’accordo con me, voglio sperare, ma apprezza il tentativo di critica, di spiegare, di esprimere un’opinione.

Vi tengo informati su cosa succederà, promesso.

Nel frattempo: chi l’avrebbe detto che il motto di questo blog sarebbe tornato prepotentemente di moda? Lo ha capito anche lui, ed è tornato a candidarsi a premier. La vita è fatta così: c’è gente a cui viene chiesto di candidarsi e ci pondera su, e gente che pur di candidarsi è disposta a stroncare il suo Paese e il suo partito. Per Berlusconi non vale “Après moi, le deluge.” vale “Après moi, moi.”