Porci con le ali, una recensione

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Avrò avuto 14-15 anni la prima volta che lessi “Porci con le ali” e naturalmente allora fui rapito da queste pagine così portentose e violentemente differenti dal resto della melassa letteraria che allora costituiva la mia scarsissima e penosa cultura scolastica. Ma l’impressione che si ricava a quell’età da questo romanzo non conta più di tanto, proprio perché si è pienamente nel target per il quale “Porci con le ali” fu pensato.

Quindi, quando pochi giorni fa ho dovuto rileggerlo per lavoro, ero molto incuriosito e temevo il classico “effetto delusione”, di chi può vivisezionare con l’occhio cinico del 36enne un testo pensato per lettori molto più ingenui e sprovveduti. E invece no, gente, “Porci con le ali” regge bene la sfida del tempo, forse per motivi diversi da quelli per cui i loro autori – Lidia Ravera e Marco Lombardo Radice – speravano. Rocco e Antonia infatti non sono per niente rappresentativi di “tutti i Rocco e Antonia” d’Italia dell’epoca; quanti adolescenti italiani di metà Settanta hanno vissuto con altrettanta gioia e passione dei rapporti omosessuali e ne hanno parlato, magari in forma scritta, con i loro amici del cuore? Quanti adolescenti di quell’epoca avevano un grado di autocoscienza così maturo nello sviscerare il loro rapporto madre-figlia o padre-figlio? Io penso pochissimi o nessuno, addirittura. Eppure “Porci con le ali” resta un testo universale, capace di dipingere le ombre, le insicurezze, le fragilità e le paranoie di qualunque rapporto eterosessuale anche a prescindere dall’età dei loro soggetti e dall’epoca in cui la relazione si colloca. Antonia e Rocco ci guidano dunque in una loro educazione sessuale che ha i crismi dell’universalità e dunque della letterarietà, perché sono personaggi tridimensionali, simpatici, ricchi di dubbi, insicurezze, tentativi, odii, amori e incapacità di perdono. Forse non sono molto realisti; forse sono addirittura eccessivamente fantastici, ma rimangono personaggi memorabili, che si stagliano a distanza di 20 anni nella memoria dei loro lettori.

Estendendo il discorso al dialogo intertestuale con l’opera tondelliana, mi pare chiaro il rapporto fra questo romanzo e “Altri libertini”, almeno nella sua componente linguistica e contenutistica, ma che dire del dialogo con “Camere separate”, laddove in “Porci con le ali” Antonia ci descrive, rendendolo ridicolo, l’atteggiamento di un trentenne che rimane imbambolato sul bus a osservare questo branco di adolescenti di cui Antonia fa parte, intenerendosi e – ci dice Antonia – ricordandosi di quando lui aveva 15 anni. Tondelli, che legge queste pagine nel 1976, decide di difendere il trentenne nel 1989, nelle ultime pagine di “Camere separate” descrivendo sostanzialmente la stessa scena, ma dal punto di vista del trentenne imbambolato, su un ferry boat di ritorno dalla Grecia. Un dialogo fra generazioni vicine, destinate forse proprio per la loro vicinanza a entrare in polemica.

Ultimo dettaglio: la postfazione dell’edizione originale del 1976, scritta da Giaime Pintor e Annalisa Usai, è macchinosa e noiosissima, a leggersi nel 2010. Segno della grande differenza di qualità che passa fra le pagine letterarie del romanzo e quelle della postfazione, e dettaglio che ci fa intendere come “Porci con le ali” sia un Romanzo che ha fatto la storia della letteratura italiana del Novecento.

11 pensieri su “Porci con le ali, una recensione

  1. Pregevole questa recensione!
    Ma, avendo meno della metà dei miei anni, sapessi che scossone provocò quel libro-scandalo sia nella società che nell’ambiente scolastico.
    La società del falso perbenismo, dell’ipocrisia imperante non poteva accettare o tollerare quei contenuti.
    Rileggendolo e confrontandolo con la vita e i cosiddetti “valori” odierni, non dei liceali ma degli adulti o di certi anziani, viene certamente da ridere!
    Progresso o regresso?

  2. Barbatus, penso lo stesso scossone che provocò nel 1980 la pubblicazione di “Altri libertini”, che non a caso subì un processo per blasfemia.

    Dove trovo il link al tuo blog?

  3. volpi

    Pintor non diceva che l’omosessualità è causata da rapporti con i genitori che escludono di trattare l’argomento del sesso ” si parla di Cossutta e non si parla del pene(o cazzo,non ricordo). Non è questione di noia, la postfazione è rappresentativa di una certa omofobia della sinistra italiana degli anni settanta.( Molto vicina alla studentessa di Psicologia che in “altri libertini” bolla il protagonista come “bloccato alla fase anale”

  4. volpi

    Che cosa pensi dell’opera di Nabokov? Invito ad una decapitazione e Lolita sono fra i miei romanzi preferiti

  5. Boh. Io l’ho letto a 19 anni e l’ho trovato noiosissimo, non succedeva nulla e le vite dei personaggi erano ininteressanti. Forse non l’ho capito, o forse bisognava essere romani e di sinistra per apprezzarlo. All’epoca non ero né l’uno né l’altro.

  6. Stéphanie, beh forse a 19 anni eri già troppo scafata ed elitaria per apprezzare un romanzo scafato ed elitario come questo 😀 Scherzi a parte, non è nemmeno vero che “non succede nulla”, ma la cosa più importante è la descrizione psicologica del dialogo fra i due generi. Molto ben impostato e universalmente valido, direi.

  7. anellidifumo: se avessi letto almeno i titoli dell’archivio, ti saresti accorto che non sono affatto monotematico!
    Comunqe non desidero affatto metterti ansia. Conserva la tua tranquillità.
    Ciao, buona fortuna.

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