Il M5S, la Lega italiana del futuro

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Ho dato una scorsa ai commenti del sito-blog del M5S (Movimento 5 Stelle, come lo trasformano in acronimo loro) del Piemonte e ho avuto la sensazione che nel M5S il grado di convinzione politica sia altissimo.

In politica, quando i militanti di un partito (piccolo o piccolissimo, non importa molto) sono profondamente convinti di essere nel giusto, succede una cosa magica. Succede che quella loro convinzione mette le gambe e comincia a camminare per molti altri. La convinzione profonda è contagiosa. Produce fierezza, orgoglio delle proprie idee. Produce identità politica. Nel medio-lungo termine, può produrre perfino ideologia, una parola non negativa, quando si parla di politica.

Ho riflettuto. Da quanti decenni è che i militanti del maggiore partito di Sinistra (o di uno degli altri) non sono tutti profondamente convinti di essere nel giusto, votando per il loro partito? Forse dal 1978? Sì, direi che quel senso di fierezza di cui parlo era presente l’ultima volta con Enrico. A partire dagli anni’80 (ricordate la Marcia dei 40mila, e cosa significò?) i militanti del PCI eccetera hanno votato spesso o sempre con il mal di pancia. I democristiani si turavano il naso, i craxiani rubavano finché potevano, i comunisti erano malpancisti. Così fino al 2010, anche se oggi nel PD si ha una gastrite perforante, più che un mal di pancia. Mentre la DC è morta per asfissia ed è rinata, cianotica, in scala 1:35 con l’UDC. Quanto ai craxiani, li hanno arrestati, si sono suicidati, o sono entrati in Forza Italia. Ma sono comunque riusciti nel compito di distruggere il PSI.

In quali altri partiti c’è quel senso di fierezza d’appartenenza politica? Nella Lega Nord, indubbiamente. Dove c’è anche una ideologia, creata col tempo: il leghismo. Il leghismo in realtà è tutto e il contrario di tutto. Prendete le posizioni di Bossi, e dunque della Lega, di questi ultimi 20 anni:

Pagana, per il Dio Po con l’ampolla e poi cattolica romana al limite dell’integralismo, per la difesa dei crocifissi e delle radici giudaico-cristiane in Europa, come barriera all’Islam;

Alleata di Berlusconi; poi nemica: Berluskatz, mafioso, Dell’Utri mafioso; nemmeno un caffè; poi di nuovo alleata di ferro;

Per la secessione, anche armata; per il federalismo, anche annacquato; per il federalismo con presidenzialismo;

Machista-celodurista; omofobica; pro-gay con i Los Padania; femminista nel portare una nuova classe dirigente di donne in Parlamento e nelle istituzioni, donne politiche, non veline né showgirl;

E potrei continuare molto oltre. Questo per dire che Bossi, e la Lega, hanno cambiato posizione mille volte. Eppure, il suo elettorato, continua a essere fidelizzato. Questo è accaduto proprio perché nella Lega c’è da sempre fierezza d’appartenenza. La stessa che c’è in M5S. E che manca nel PD.

La critica maggiore che viene fatta al M5S è: avete fatto vincere Cota in Piemonte. Oppure, che è quasi la stessa cosa (ma è diverso): avete fatto perdere la Bresso in Piemonte. Gli si dice: dovevate entrare nel PD, rivoltarlo come un calzino e prenderlo dall’interno, non diventare un terzo incomodo.

Però un attimo ragazzi: Beppe Grillo provò a iscriversi al PD per partecipare alle primarie e sparigliare le carte. Per quanto ne sappiamo, avrebbe potuto perfino essere eletto segretario. O forse no. Ma avrebbe portato nel PD decine (un centinaio?) di migliaia di volti nuovi. Persone fresche che avrebbero potuto fare quel che la mia amica Cristiana Alicata, assieme alla corrente Marino cerca di fare a mani nude, contro i signori delle tessere (che intanto, a Roma, eleggono 11 uomini bianchi di 50 anni su 11, e anche grazie alle splendide 3072 preferenze personali della carismatica Cristiana). A Beppe Grillo fu impedito di iscriversi, con una scusa risibile. Si disse che era un avversario politico. Eppure, il PD ha dato la tessera e continua a darla a tutti gli avversari politici che la richiedono, che siano ex leghisti o ex DC o ex PSI. Chi impedì a Grillo l’iscrizione? La cricca dei soliti noti. Come fare a spazzarla via? Forse non resta che presentare le liste del M5S e di far perdere alla cricca tutte le elezioni, anche se questo significa farle vincere, per i primi anni, a qualcuno che potrebbe essere peggio. Nell’immediato, è un risultato sbagliato. Nel medio termine, no. Perché da un lato, a forza di perdere elezioni, nel PD si producono tossine: le mille Cristiana Alicata che si ribellano e vogliono fare la rivoluzione, rivoltare come un calzino il loro PD. E perché è il modo in cui la Lega Nord si è costruita. Presentandosi come un’alternativa ai partiti della “partitocrazia”. Avendo un programma chiaro. Avendo la convinzione di essere nel giusto. Volere cambiare le cose, stare sul territorio, andare verso i bisogni delle comunità. Insomma, avendo una politica. Facendo una politica.

Tutte cose che nel maggiore partito di Sinistra non si fanno più. Dal 1978.

Emma leader, ascoltare Beppe Grillo, tenere unita la nazione

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In politica si possono avere due atteggiamenti quando si perde: dire “ma comunque abbiamo ragione noi” e andare avanti così come si è, fino alla prossima sconfitta, oppure avere umiltà, fare autocritica e imparare da chi i voti invece li ha presi, e sono tanti. Mi riferisco naturalmente alla Lista Cinquestelle, che ha saputo prendere nel 2010 più voti di quelli che prese la Lega Nord nel 1989 (lo 0,9% con due deputati eletti, uno fu Bossi) come dato nazionale, e presentandosi in meno zone d’Italia. Il dato finale di Beppe Grillo è 1,7% nazionale, con punte del 7% in Emilia (candidato di 28 anni, Giuseppe Favia e 2 seggi regionali) e del 4% in Piemonte. Una enormità.

Molti piddini – sbagliando – danno del qualunquista a Beppe Grillo e ai suoi seguaci. Ebbene, non è così e guardatevi il video in calce al post, ma con le orecchie stappate. In Piemonte, Cinquestelle prende 90.000 voti sul suo candidato presidente 29enne, Davide Bono,  (di cui adesso ho imparato il nome, e faccio ammenda per non averlo imparato prima) perché Cinquestelle si opponeva al progetto TAV. Unici, fra tutti. Beh ci sono degli studi sulla TAV, bisognerà che anche i non piemontesi se li guardino bene e stiano ad ascoltare le ragioni dei Cinquestelle, se vogliamo vincere le prossime regionali in Piemonte e soprattutto non lasciare l’intero Nord Italia alla Lega. Mercedes Bresso ha perso il Piemonte perché dovendo scegliere tra l’alleanza con Cinquestelle, impegnativa, e quella con l’UDC, meno impegnativa, ha scelto la seconda.

Ma naturalmente il dato maggiore di queste elezioni è l’enorme successo della Lega Nord. Che raddoppia i voti, con il particolare che ne aveva già tantissimi, spesso a doppia cifra in tutte le regioni del Nord, ora ovunque a doppia cifra (Veneto 36%, Lombardia 26%, Piemonte 17%, Liguria 10%) e sfonda anche in Emilia e in Romagna e nel nord della Toscana. Con dati simili, la Lega ha in mano la politica nazionale per i prossimi 10 anni. Questo significa che se la Lega vorrà riproporre il motivo per cui è sorta, la secessione del Nord dal resto d’Italia, fra 5 anni potrebbe ragionevolmente riuscirci.

Il voto di queste elezioni di mezzo termine, oltretutto, sancisce la scomparsa della Sinistra social-comunista, ridotta nella sua roccaforte piemontese a percentuali inferiori a quelle di Cinquestelle. Resiste, a fatica, il progetto innovativo di SeL, che si afferma soprattutto in Puglia, con la candidatura vittoriosa di Vendola. Ma non raccontiamoci storie: lì vinciamo perché la Destra s’è divisa in due tronconi. Sennò, si perdeva di poco. Vendola potrà amministrare la Puglia per altri 5 anni, ma tra 5 anni non sarà certo lui il leader ideale nazionale dell’alleanza progressista. A questo punto c’è da chiedersi chi potrebbe esserlo, e io un nome ce l’ho: Emma Bonino, che pur avendo perso le elezioni nel Lazio, ha risollevato le sorti di una regione che solo 4 mesi fa i sondaggi davano al 60% al centrodestra, dopo lo scandalo Marrazzo. E’ anche la leader del partito più piccolo dell’alleanza, questo però potrebbe non essere una debolezza.

Riepilogo nazionale (tra parentesi, la differenza col dato omogeneo delle Regionali 2005 e poi la differenza col dato meno omogeneo delle Europee 2009):

PDL 26,6% (-2,8%;  -8,7%)

PD 26% (-6,4%; -0,1%)

Lega 12,8%(+7,2;  +2,6%)

IDV 6,9% (+5,5%; -1,1%)

UDC  5,8% (invariato; -0,7%)

SeL 3% (-; -0,1%)

PRC 2,9% (-4,3%; -0,5%)

5stelle 1,7% (-; -;)

Radicali 0,6% (-; -1,8%)

Liste civiche di sinistra e destra: 13%

Finisce male

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Al momento, pare che il centrodestra abbia vinto nelle 4 regioni in cui ci aspettavamo che vincesse, più Piemonte e Lazio. E’ un gran botta, e non solo per la mia Sfera di Cristallo, finita in frantumi!

Da notare che in Piemonte il Movimento Cinquestelle prende più di Prc-Pdci e il candidato a Presidente di Cinquestelle prende quasi 60.000 voti, ossia più di SeL e Prc insieme.

Godere leggendo Il Giornale

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Il Giornale è un quotidiano moderato. Il Giornale è un quotidiano moderato. Il Giornale è un quotidiano moderato. Eppure… cito da uno dei suoi articoli di oggi:

Non è facile neppure per il Pd. Bersani rischia di capovolgere la legge di Sanremo: comunque vada sarà un insuccesso. I meriti dell’eventuale vittoria andranno tutti agli scamiciati, al popolo viola, a quelli che hanno dato il segno a questa campagna elettorale da guerra civile, quelli che volevano «impiccare» Napolitano. L’ipotetica vittoria della sinistra ha già la firma di Tonino, Travaglio, Santoro e la corte di intellettuali indignati.

Sembra che Feltri & co. sappiano già come andranno queste elezioni: malissimo per il sultano egoarca. Forse leggono AdF e sanno tutto della Sfera. Comunque, stanno dicendo che i meriti di questa vittoria andranno anche a un noto scamiciato come me, e come voi anellidi fedeli che leggete! Anzi no, noi cadiamo di più nell’orrenda categoria degli “intellettuali indignati”, quasi che l’espressione fosse negativa, e ci si domanda se a Il Giornale faccia più orrore il concetto di “intellettuale”, o quello della possibilità di indignarsi nella meravigliosa Itaglia di Berlusconi. Troppo onore, ma via, accetto, accetto, accettiamo, accettiamo!

In ogni caso, è utile leggere le loro analisi moderate, per godere di più:

Questa è la sfida radicale alla Chiesa. È la Bonino che predica alle porte di San Pietro. È la conquista, il sacco laicista, di Roma. Ma la sua vittoria cambierebbe anche la storia dei Radicali, tramonterebbe l’era Pannella, la politica delle grandi battaglie, la follia visionaria, il tafano sulla pelle della repubblica. Comincerebbe un’altra storia. Quella del «governare», sporcarsi le mani, fare i conti con gli alleati, con la loro sete di poltrone, con i compromessi del sottobosco del potere. Emma Bonino a quel punto è solo un governatore in quota Pd.

Capito? Siamo al “sacco laicista di Roma”, mica davanti a un’elezione regionale. Leggiamo ancora:

La Chiesa intanto aspetta di capire quanto grande è il campo dei suoi nemici. Sta combattendo nella Spagna zapateriana una battaglia senza quartiere. Si domanda se dovrà farlo anche in Liguria, Piemonte e nel santa [SIC] sanctorum laziale.

Basta. Se continuano a scrivere così a Il Giornale, finisce che m’abbono.

Riassumendo le previsioni della sfera di cristallo

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Allora signori, per riassumere le previsioni della mia sfera di cristallo:

– finisce 9 a 4 regioni per il Centrosinistra, che perderà solo Veneto, Lombardia, Calabria e, di un pelo, la Campania.

– il PD diventa il primo partito a livello di riepilogo nazionale, sorpassando il PDL di alcuni decimali.

– al Nord, la Lega sorpassa il PDL in Veneto e in Lombardia. Il PDL rimane sopra alla Lega in Piemonte e Liguria.

– nel Lazio l’affermazione di Bonino su Polverini è molto più ampia di quello che tutti si aspettano: dai 4 agli 8 punti.

– le regioni dove la lotta sarà all’ultimo voto, con scarti inferiori al 3% sono: il Piemonte (dove vince la Bresso), la Liguria (dove vince per l’ultima volta il Centrosinistra) e la Campania (dove vince Caldoro).

La sfera ha cominciato a parlare in modo vago alcune settimane fa, poi un secondo discorso più chiaro sul dato complessivo delle regioni e un terzo, decisamente superbo, con addirittura le percentuali dei partiti…

I miei kudos a Der Spiegel – Meine Glückwünsche zu Der Spiegel

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Perché se qualcuno di voi conosce una rivista o un altro genere di media italiano, che ha il coraggio di chiedere le dimissioni di un papa (italiano o tedesco, è uguale) sulla base della sua complicità nell’aver nascosto scandali di pedofilia in seno alla Chiesa, me lo venga a dire. Faccio notare che i vatiCani avevano appena bollato la richiesta di dimissioni dei media americani come simbolo della loro ignoranza delle cose europee e cattoliche. Infatti, Der Spiegel, lo fanno in Nebraska.

***

Weil, wenn jemand von Ihnen eine Zeitschrift oder eine eine andere italienische Art Mittel kennt, das den Mut hat, um die Resignation eines Papstes (Italiener oder Deutscher, ist die selben), auf der Unterseite seiner Mitschuld im Verstecken von Skandalen von Pädophilie innerhalb der Kirche zu bitten, lassen Sie ihn kommen, zu mir so zu sagen. Ich unterstreiche, dass das Vaticans die Nachfrage nach Resignation der amerikanischen Mittel als Symbol ihrer Unwissenheit der europäischen und katholischen Sachen zurückgewiesen hatte. Tatsächlich wird Der Spiegel in Nebraska hergestellt. [Dieses ist eine Babelfish doppelte Übersetzung, von italienischem zu Englisch und von englischem zum Deutschen.]

Luttazzi a “Rai per una notte”: il videoclip

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A grandissima richiesta:

Come ho già detto, questo monologo di Daniele Luttazzi rappresenta la più chiara, violenta e potente critica satirica nei confronti di Silvio Berlusconi e, ancor di più, degli italiani che votano Silvio Berlusconi. La rasoiata non è fenomenale per la mera componente scurrile, che è parte dell’invettiva contemporanea applicando in modo quasi banale la metafora sessuale al rapporto di potere politico, bensì per l’elencazione senza fiato delle malefatte commesse dal Presidente del Consiglio. “Non è importante che…” e poi giù botte.

L’evento “Rai per una notte” è stato storico per la rete: 5700 tweet in italiano all’ora al momento del monologo di Luttazzi, un numero di reazioni paragonabili a quelle scatenate da un grande cataclisma come il terremoto del Cile, ma senza contare che in quel caso i tweet erano in spagnolo, che è lingua ben più parlata dell’italiano. Una riflessione interessante in questo senso la potete leggere qui.